Regia: Mike Flanagan
RECENSIONE
Buon film piuttosto sottovalutato di Mike Flanagan, venuto alla ribalta negli ultimi anni grazie soprattutto al materiale gentilmente offerto dal Maestro Stephen King (vedi Il Gioco di Gerald e Doctor Sleep), ma autore di almeno un altro paio di horror più che dignitosi, quali per esempio Oculus e Hush, che consiglio in ogni caso di recuperare.
Somnia in fin dei conti potrebbe essere quasi definito come una sorta di favola horror con disseminate al suo interno diverse sfumature fantasy, che potenzialmente riescono quindi ad attrarre una fetta più ampia di appassionati senza, probabilmente, scontentarne nessuno (tranne forse i più estremi che qui non vedranno soddisfatta la loro inguaribile sete di sangue innocente).
Gli ingredienti per poter sviluppare un lavoro più che dignitoso ci sono tutti, sogni, incubi (se dico Freddy vi viene in mente qualcosa???), lutti familiari, mostri che appaiono dal nulla e bambini malefici. Ah a proposito, caro Cody, sappi che non appena hai menzionato la pizza con l’ananas ti sei reso quasi più odioso del tuo esimio collega di Babadook, salvo poi guadagnare qualche punto simpatia che non mi ha fatto desiderare di vederti preda dell’Uomo Cancro dopo 6 minuti di visione successiva alla tua esternazione.
L’appena menzionato Uomo Cancro fa poi la sua sporca figura, un villain piuttosto interessante per come ci viene rappresentato e che sicuramente riesce ad avere una resa migliore di personaggi altrettanto potenzialmente interessanti, ma poi spenti da realizzazioni cinematografiche semi imbarazzanti come per esempio il Bye Bye Man o lo Slender Man.
Tra l’altro pure l’utilizzo di tale mostro per sbatterci in faccia una realtà (quella del cancro appunto) che spesso ci è difficile solo che pronunciare, l’ho trovata una scelta vincente, che aggiunge inoltre una buona componente emotiva a quella puramente horrorifica, dettata dal cattivo che mangia il buono.
L’attrice che interpreta la madre, tale Kate Bosworth (e complimenti anche a sua mamma), si destreggia molto bene nel ruolo che le viene ritagliato, guadagnandosi facilmente la palma di MVP all’interno di un cast che, vista la trama e le esigenze di copione, resta piuttosto risicato e per gran parte del tempo limitato al contesto familiare dei due coniugi e del bambino adottivo (che nel frattempo spero abbia cambiato gusti in fatto di pizza).
La storia si mantiene piuttosto interessante non presentando momenti di fiacca ove lo sbadiglio tende a manifestarsi e il film scorre bene fino alla sua conclusione. Non mancano inoltre alcuni jump scares interessanti e non troppo forzati, che giustificano quindi l’appartenenza del film al genere principale con cui viene etichettato. I sogni che si mescolano alle allucinazioni della madre adottiva sono poi decisamente validi, così come molto pregevole risulta la parte nell’orfanotrofio, un ambiente che, alla pari degli ospedali psichiatrici, riesce quasi sempre a garantire un risultato decoroso.
Certo è che, come accade spesso in film come questi, a volte la forzatura è dietro l’angolo e pure qui ritengo che a volte la soluzione sia presa lievemente per i capelli (come per esempio sul finale aperto e probabilmente un po’ troppo fiabesco per i miei gusti). Molto bella però la musica sui titoli di coda, che riprende il momento malinconico e commovente.
Buon risultato conclusivo quindi, che mi fa propendere per consigliare la visione.
Giudizio complessivo: 7.5
Enjoy,
Trailer
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