Regia: Zhang Yimou
RECENSIONE
La pellicola si svolge nell’anno 859 in Cina; una setta nominata “dei pugnali volanti” si oppone al potere dell’imperatore ritenuto colpevole della decadenza dell’impero. Sempre più sostenuta dal popolo, combatte la milizia imperiale su tutti i fronti, ruba ai ricchi per dare ai poveri e vive a Nord, nascosta nella fitta e impenetrabile foresta cinese.
Depositari delle arti marziali tramandate da generazioni, i rivoluzionari sono particolarmente abili nel lancio dei pugnali che, durante tutto il film volano, come sospinti dal vento verso i loro destini.
Si tratta di un’opera magica, sospesa tra storia e fantasy, tra realtà e immaginazione.
Le riprese pennellano affreschi di una natura generosa, a tratti surreale per tanta bellezza. Canneti giganti si flettono sotto il peso della battaglia, in una coreografia leggiadra come ali di farfalla; a metà tra operetta e fiaba si descrive la passione di un popolo per le proprie tradizioni e Zhang Yimou lo fa con un’eleganza ineguagliabile.
Nella sublimazione delle arti marziali, si rappresentano volteggi irreali e suggestioni poetiche; non conta la trama, ancorché ben orchestrata, di fronte a queste immagini estatiche; e così finisce per essere poco rilevante anche l’amore sbocciato e ciò che ne consegue: un intreccio di passioni, un vortice di speranza, bramosia, rabbia e, infine, morte.
Un film bellissimo che, al termine, ci sembrerà di aver soltanto sognato.
Giudizio complessivo: 8
Buona visione,
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