Regia: Todd Phillips
RECENSIONE
A poche ore dall’uscita dalla sala un caro amico mi scrive per messaggio, chiedendomi di descrivergli Joker in due sole parole: Joaquin Phoenix, gli rispondo.
Potrei chiudere qua il discorso, limitandomi, con improbabile forza di volontà, a ribadire nome e cognome di quel mostro di eccellenza che l’attore si è definitivamente
confermato essere, nei panni da lui stesso cuciti del celebre villan dell’universo DCComics, ma non lo farò, ovviamente, perché di Joker sul grande schermo se ne sono già visti parecchi, in un paio di casi elevando il personaggio a star assoluta, pertanto qualcosa da dire, su questo Joker c’è, eccome.
confermato essere, nei panni da lui stesso cuciti del celebre villan dell’universo DCComics, ma non lo farò, ovviamente, perché di Joker sul grande schermo se ne sono già visti parecchi, in un paio di casi elevando il personaggio a star assoluta, pertanto qualcosa da dire, su questo Joker c’è, eccome.
Innanzitutto, questo è un cinecomic? Nì. Lo è, perché giocoforza tratta delle origini dell’antagonista per eccellenza dell’Uomo Pipistrello, ma non è un cinecomic che ne tratta le gesta in funzione di, bensì è un profondo ed inedito esame psicologico del personaggio che “Joker” ci è diventato per scherno altrui, è un crudele lungometraggio sulla triste esistenza dell’uomo che ne è stato prima.
E’ una accusa diretta, cruda e violenta (il film è vietato ai minori di 14 anni) alla società, nella fattispecie di una fittizia New York anni ’80 travestita da Gotham City sull’orlo del collasso per il degrado dato dalla disuguaglianza sociale, ed alla raccapricciante capacità che essa dimostra nei confronti di chi, questa società, non accoglie ma ferisce, schernisce, ripudia, inganna ma soprattutto abbandona.
Arthur Fleck è l’emblema del personaggio degradato, fagocitato da questa società e lasciato alla sua triste sorte: è uno strano individuo profondamente depresso e con un disturbo che gli provoca incontrollabili attacchi di risate, spesso figli di situazioni di forte tensione. Vive con la madre, ancor più malata di lui, che nutre morbosamente la falsa speranza nell’intervento che le persone ricche possono portare, per trarre in salvo i meno fortunati come loro.
Bensì vittima, costante, dello scherno e del ripudio di detta classe societaria, dei suoi stessi idoli, nonché delle persone fino ad allora a lui vicine, Arthur collassa e intraprende un buio percorso senza ritorno, che lo porterà a prender finalmente coscienza di se stesso, evidenziando fin dove una persona malata possa esser portata a spingersi per esser notata, perdendo però il controllo di quella frustrante realtà in cui si è costretti a sorridere, per mostrare “al mondo” che si sta bene “nomatterwhatyouhave”, facendo emergere la figura dello squilibrato pagliaccio e la violenta criminalità in suo nome, mettendo indirettamente a ferro e fuoco la sua stessa città, e gettando inoltre le basi per l’avvento dell’oscuro cavaliere in sua difesa.
Il regista Todd Phillips, fino ad oggi noto per la sua apprezzabile firma su commedie quali la trilogia de Una Notte da Leoni, si ritrova al volante di uno sfidante e serioso progetto che sì, tratta di un personaggio dalle fattezze comiche, ma in un contesto che è tutto il suo opposto. Decide quindi di fare la cosa più sensata in assoluto, e consegna letteralmente le chiavi del progetto al suo carismatico attore, noto per la sua bravura nell’impersonare caratteri difficoltosi e problematici, entrandovi in simbiosi tale da diventare egli stesso il personaggio, “limitandosi” a dirigere con la massima cura il profilo che Phoenix gli mette davanti la macchina da presa.
Joaquin Phoenix è letteralmente mostruoso nel risultato che offre al pubblico, il film parla di lui, di chi è, cosa gli passa per la testa, come certe cose arrivano a passargli per la testa, come le conseguenze di tutto ciò che subisce si manifestino gravemente nella sua vita, quanto la sua immedesimazione affianchi ogni singolo spettatore prendendolo per mano e portandolo a sostenere la sua causa, anche di fronte al più abominevole dei gesti, restituendo a tutti il Joker per eccellenza. Il film è lui: un capolavoro di interpretazione che lo consegna di diritto alla storia del cinema, come una delle più profonde e sensazionali che si ricordi.
Non da meno la qualità dell’opera in ogni sua parte, dalle scenografie, alla fotografia, dalla regia alla magnetica colonna sonora, che introduce, accresce ed accompagna tutto il film, culminando nelle scene più catalizzanti e gravi della pellicola accrescendo nello spettatore un forte stato d’ansia ed empatia per quanto sta accadendo intorno, ed al personaggio di Phoenix.
Joker è un film eccezionale, un’opera d’arte che ti fa amare alla follia il cinema ed il saper fare cinema, quel genere di film che ti porti a casa e sul quale rimugini e culli sensazioni ed emozioni tue e tue soltanto, che custodisci gelosamente nei tuoi ricordi e tramandi con fierezza nel tempo.
In questi casi, io, parlo di capolavoro.
Buona visione,
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