Autore: Sarah Pekkanen e Greer Hendricks
Dopo una lunghissima di serie di letture pienamente azzeccate, con medie intorno all’8/10, era prevedibile incontrare qualche lavoro che si sarebbe posizionato qualche gradino sotto. E quest’incontro c’è stato poco prima dell’estate con La Candidata Perfetta.
Chiariamolo subito, il libro non è brutto, potrei anche sentirmi di consigliarlo a chi apprezza un particolare tipo di lettura (e di contro sconsigliarlo a molti altri) ma, rispetto a ciò che mi è capitato tra le mani recentemente, siamo un po’ indietro.
L’idea della scrittura a quattro mani mi ha da sempre intrigato, come già mi era capitato di sottolineare in altre precedenti recensioni (vedi Sleeping Beauties dei Sig.ri King, o L’Ipnotista dei coniugi Lars Kepler) e pure qui l’idea di capire in che modo avrebbero gestito la cosa Sarah Pekkanen e Greer Hendricks (di cui onestamente non avevo mai sentito parlare) mi aveva stuzzicato, in aggiunta ad alcuni commenti positivi letti in rete relativi a questo lavoro.
La curiosità viene stimolata in maniera interessante, anche se di fatto nelle prime fasi (anzi direi per circa metà libro) non succede praticamente nulla e qui va riconosciuto il merito alle due scrittrici che, con pochissima carne al fuoco, hanno saputo mantenere vivo l’interesse per una vicenda che avrebbe potuto scoppiare nelle mani del lettore da un momento all’altro.
Questa parte inoltre è servita pure per introdurre il personaggio principale, Jess, spulciare nel suo carattere, nelle sue debolezze e delineare la sua personalità, per poi arrivare a creare e sviluppare a poco a poco il profilo del suo antagonista, su cui non mi pronuncio per evitare spoiler, limitandomi ad apprezzarne la sua misteriosità e il suo modo di agire.
Buona l’idea di alternare la narrazione, sfruttando i punti di vista dei due protagonisti, così come intrigante ho trovato l’idea di ricorrere spesso all’uso della seconda persona (“Jess ti è stata data l’opportunità”, “Jess sei venuta qui”, “hai fatto questo…”) quando era il turno di raccontarci la storia attraverso le parole del Dottor X.
Certo, chi è abituato ai thriller adrenalinici di Angela Marsons o ai capolavori del Maestro Stephen King, dove succede davvero di tutto, probabilmente qui rimarrà un po’ spiazzato poiché, come già sottolineavo prima, non vi sono grandi emozioni a livello di trama, intrighi pazzeschi o quella sana violenza letteraria che, come lo splatter nei film, ci sta sempre bene.
Nonostante ciò però il libro scorre bene e si lascia leggere facilmente senza induzione allo sbadiglio, aiutato da una seconda parte migliore, dove vengono via via scoperte le carte in gioco. Devo ammettere tuttavia che i dubbi sull’esperimento condotto, compresi quelli sulle motivazioni che hanno spinto a pensarlo, permangono a fine lettura, rischiando di far storcere un po’ il naso ai lettori.
Detto ciò, non parlo di delusione ma, al di là dell’apprezzamento per la scrittura e l’intrattenimento, ritengo questo lavoro non così ficcante come ci si potrebbe aspettare, direi più che altro un romanzo facilmente dimenticabile, che lascia poco e non convince molto.
Giudizio complessivo: 6.5
Buona lettura,
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