Autore: Wulf Dorn
Primo libro di Wulf Dorn che mi capita di leggere, nonché lavoro di esordio dello scrittore tedesco, che con La Psichiatra inizia col botto la sua carriera, che lo vedrà sfornare in futuro altra robba piuttosto interessante (tra cui cito Gli Eredi e Incubo, di cui abbiamo già parlato in altre recensioni).
Nonostante sia ad inizio carriera, già si nota una grande abilità nel raccontare le vicende della psichiatra protagonista di quest’incredibile vicenda; spesso sembra proprio di essere lì con lei all’interno della clinica dove lavora o nel bosco dove spesso andava a correre (e dove, per un po’, mi sa che non andrà più) e si riescono a percepire i sentimenti e le emozioni da lei provati per gran parte del racconto.
Ciò che subito mi è venuto in mente, scorrendo le pagine, è la possibilità di trasportare il tutto sul grande schermo, spingendo possibilmente abbomba sul tasto horror/splatter, perché i presupposti ci sono tutti e, nelle mani di un regista adeguato, ne potrebbe uscire fuori un qualcosa di memorabile. Già me la immagino la stanza buia con la paziente misteriosa che ti appare all’improvviso da sotto il lavandino, attentando alle tue capacità di trattenere ciò che l’intestino ha appena reputato superfluo.
A differenza di ciò che spesso mi è capitato di sottolineare con il Maestro King o con il sorprendente Dicker (a proposito dei vari Harry Quebert e Stephanie Mailer) qui non si registra un’alternanza di storie così marcata (fatta forse eccezione per la parte finale, quando è necessario riaprire una piccola parentesi in merito a “L’Uomo Nero” e a ciò che aveva fatto anni fa) e devo ammettere che lo svolgimento lineare non mi dispiace affatto in questo contesto.
In un certo senso, forse, questo sistema ti spinge a proseguire la lettura in maniera maggiormente frenetica, non dovendo di volta in volta riprendere una storia che magari si era interrotta svariate pagine prima e in tutto questo, sicuramente, la lettura viene stimolata da una storia che si mostra intrigante sin da subito, con i ruoli di psichiatra e paziente che spesso arrivano a mescolarsi senza dare l’impressione di quale sia il predominante.
La scrittura è molto scorrevole e, soprattutto quando avviene la svolta in cui si inizia a capire chi era davvero la giovane Lara, l’ansia di scoprire come siano andate realmente le cose ti assale e, come risposta, quel dannato di Dorn posticipa sempre la spiegazione, facendoti piacevolmente innervosire e meritandosi di conseguenza affettuosi insulti che spesso vengono riservati solo ai migliori.
Il risvolto finale è apprezzabile, risultando anche piuttosto inaspettato, e le citazioni sparse qui e là del buon vecchio David Lynch e dei suoi capolavori Eraserhead e Mulholland Drive contribuiscono alla buona riuscita del lavoro che, nullafacenza permettendo, si candida ad essere terminato veramente in pochi giorni.
Ecco quindi un altro autore che mi toccherà approfondire e che consiglio ovviamente a chi mastica il genere thriller.
Giudizio complessivo: 8
Buona lettura,
Nessun commento:
Posta un commento