Il Colpevole (The Guilty)


Regia: Gustav Möller

RECENSIONE (SPOILER ALERT)

Ma "il colpevole, alla fine, chi è"? È Questa la domanda che più spesso vi porrete durante la visione del film, e probabilmente anche dopo, data la natura del finale, affatto esplicita e molto interpretabile, che indurrà i vostri operosi e grigi cervelli a partorire dalle più semplici alle più disparate teorie e congetture sugli eventi che seguiranno sullo schermo.

È lui? È lei? È il collega? Sono io? SEI tu? (si te, te che stai leggendo col cellulare in una mano e un sacchetto di "colesterolo", venduto e imbustato come "cibo naturale" nell'altra, te che non vedi l'ora di concludere questa lettura per poter tornare ai tuoi vecchi e cari "atti impuri" interrotti solo dall'ennesima molesta notifica che ti avverte che anche oggi hai raggiunto l'obiettivo dei "diecimila passi" nonostante non ti sia ancora mosso dal divano... te che dopo l'atto fisiologico più breve trascuri anche la più piccola forma d'igiene e te ne vai in giro a socializzare dando pacche sulle spalle e stringendo mani umidicce...Perchè in fondo in fondo siamo tutti un po' colpevoli, no? [Scusate la supercazzola, il giovedì va così]). 



SEI? Si, ma non come verbo ausiliare, bensì come le volte in cui squilla il telefono prima che Asger Holm (Jakob Cedergren), protagonista enigmatico e misterioso, ex ufficiale della polizia momentaneamente impiegato come operatore del "Pronto Intervento" in quanto indagato per omicidio, risponda...ancora inconsapevole che quella telefonata probabilmente gli cambierà la vita.

Sul filone creativo nato con Buried-Sepolto (film del 2010 con protagonista Ryan Reynolds, perla da non perdere), un ufficio, un attore e una manciata di comparse (alcune costrette per novanta minuti nella stessa posizione, causa scatenante poi di evidenti malformazioni fisiche e non solo) sono tutti gli ingredienti di cui il regista (Gustav Moller) ha bisogno per riuscire a mescolare e dare vita ad un "omogeneizzato" d'ansia e tensione dall'anima lenta, a tratti molto violenta, condito con picchi di disperazione impersonati da Asger in maniera eccelsa.

In generale un thriller riuscito, ma solo in parte; la scarsa quantità di elementi di trama e di situazioni inaspettate, concatenate alla estenuante e non sempre giustificata lentezza, tendono spesso a "trascinare" piuttosto che "accompagnare" lo spettatore, più volte in grado di prevedere anche quelli pensati come i "colpi di scena" più sorprendenti, atti a tenere alto il livello d'attenzione, smorzando così anche quel senso di sorpresa, obiettivo principale dello sceneggiatore.

Nota di merito va assolutamente data al doppiaggio italiano (che ha raggiunto ormai orizzonti che nemmeno Cristoforo Colombo avrebbe avuto l'ardire di esplorare e fondali che solo il Titanic ha avuto la "fortuna" di vedere), che mai come in questo caso pesa come un macigno sull'economia del giudizio finale da accompagnare alla "recensione" di tale pellicola, caratterizzata principalmente da fitti dialoghi al telefono, alcuni con tempi davvero ridotti, in cui solo un'eccelsa opera di doppiaggio può permettersi di disegnare come contorno di quelle voci una personalità sempre ben definita e particolareggiata, ed a descrivere con il solo ausilio della parola, perlopiù distorta dalle intricate ed infinite fila dell'universo telefonico, emozioni e paure, coinvolgendoti, come solo i doppiatori nostrani sanno fare, in un mondo di disperazione, arricchendo non di poco trama e intreccio del film (l'ho visto anche in lingua originale, tutta un'altra storia).

CONCLUSIONI

Giudizio complessivo: 6.8

CONSIGLIATO? SI; ma se siete troppo intelligenti come il sottoscritto (mi piace crederlo, scusate), lasciate perdere, sapete già come finisce.

P.S. Il cellulare, ogni tanto, spegnetelo.

The MovieGoer


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