Autore: Ruggero Deodato, Miguel Ángel Martín
RECENSIONE
Sentire qualche mese fa la notizia di un possibile sequel, anche solo cartaceo, di quel controverso capolavoro che è Cannibal Holocaust è stato come un fulmine a ciel sereno. Dopo ben 38 anni, infatti, esce in tutte le librerie Cannibal Holocaust 2, un copione buttato giù anni or sono dallo stesso autore del primo capitolo e che non venne mai realizzato (probabilmente per non temere di avere problemi legali e di censura).
Così, quasi 40 anni dopo, viene alla luce C.H.2, in una forma veramente accattivante: alle pagine di copione si alternano le illustrazioni animate del fumettista spagnolo Miguel Ángel Martín.
Cosa c’è di curioso, direte voi?
Beh, tal Miguel Ángel Martín è considerato come “l’autore di fumetti più censurati della storia”, con alle spalle titoli innocui come Psychopatia Sexualis, Anal Core e Snuff 2000, fumetti che in confronto il Salò del PPP è una recita parrocchiale in oratorio e che dovrò assolutamente recuperare.
Quindi, il connubio tra il fumettista ed il regista più censurato della storia (e se Deodato non fosse veramente quello più censurato, sicuramente da qualche parte sul podio ci deve stare) non può certo lasciare inosservati gli amanti più insaziabili dell’estremo.
Ma di cosa parla questo copione virato a fumetto?
Il protagonista non è altri che Ruggero Deodato, regista del primo film, il quale decide di tornare sul luogo “del delitto” per girare un documentario omaggio, filmando i set e i protagonisti presenti in quella pellicola (tra cui Francesca Ciardi).
Nell’odissea amazzonica, però, Ruggero e la sua troupe dovranno affrontare orde di barbari criminali capeggiati da due famigerati fratelli dalle morbose perversioni e dalla ragazza che molti anni prima era stata impalata cinematograficamente nel primo capitolo, ormai impazzita e assetata di vendetta, visto che non è più in grado di riconoscere il cinema dalla realtà e viceversa.
Se mi è piaciuto?
Nì. O meglio, si ma non troppo. Probabilmente perché amo troppo Cannibal Holocaust, che ci devo fare. È uno dei miei film preferiti, uno degli horror (anche se Deodato si incazza quando sente la parola “horror” vicino al suo film) più potenti mai stati fatti e probabilmente ogni cosa che gli assomigli o che gli cerchi di assomigliare la vedo come un cosa carina, un’imitazione anche piacevole, ma che non è QUEL film.
Ed è quello che mi ha suscitato questo secondo capitolo, carino e piacevole da leggere ma imparagonabile all’agghiacciante visione del primo capitolo. Probabilmente anche perché la differenza tra VEDERE la violenza (cinema) e IMMAGINARLA (letteratura) è abissale, ma in questa seconda parte la violenza mi è sembrata molto più fine a se stessa rispetto al primo, con un’infinità di scene crudissime che per la trama servono ben poco. E la morale che chiudeva il primo capitolo tra la bestialità dell’uomo metropolitano e la natura dell’uomo indigeno qui è praticamente azzerata, gran peccato visto che, insieme all’importanza dei mass – media (tema questo fortunatamente presente), era il motore dell’intera pellicola (se invece uno guarda Cannibal Holocaust solo come una mattanza di animali innocenti, cazzi suoi….e lo dico da animalista convinto).
Comunque, questo ritorno in Amazzonia ha delle chicche niente male: la ragazza che fu impalata e che cerca vendetta in primis (dimostrazione del potere che ha la cinematografica), il personaggio caricaturale di Deodato intenzionato a riprende OGNI cosa (molto simile in questo agli ultimissimi minuti di The Green Inferno, la seconda parte del primo C.H.), ovviamente alcune mattanze eccezionali (tra cui il tipico cazzo reciso da un colpo di machete, una sequenza NECESSARIA in qualsiasi cannibal movie che si rispetti e che ha il suo apice in Cannibal Ferox….nonostante sia un film veramente di merda).
Ma il personaggio sicuramente pensato meglio è Kurt (“L’orrore….L’orrore ha un volto”, no quello è Kurtz, con la Z): Kurt è uno dei due terribili fratelli incontrati da Ruggero e la troupe. Quest’ultimo è un poco fuori di testa, visto che davanti ad uno dei suoi registi preferiti (Ruggero), preso dall’emozione si stacca un bulbo oculare e lo getta tra le mani del povero Deodato come cadeau. La scena più bella del copione. E se si pensa che Kurt, come scritto in una didascalia del copione, sarebbe stato interpretato da Michael Berryman (protagonista di Inferno In Diretta, terzo e ultimo film della trilogia cannibal di Deodato ma soprattutto di quel capolavoro che fu Le Colline Hanno gli Occhi di Wes Craven), è ancor più sublime.
Le illustrazioni di Martín fanno il loro sporco lavoro: disgustano e attraggono il morboso occhio umano allo stesso tempo (e, citando il Finocchiaro di Compagni di scuola, “C’hanno pure e zinne viola!”)
Ultime parole per il finale, davvero davvero geniale (e provocatorio)
[SPOILER]: i superstiti ritrovano il cadavere di Ruggero nudo ed impalato in mezzo al nulla….la ragazza, protagonista anni prima della medesima scena, si è finalmente vendicata. I sopravvissuti lo saranno ancora per poco.
Cala il silenzio nella giungla. Non si odono rumori. Anzi, uno si. È solo l’arrivo di una enorme tartaruga, la quale gironzola tra i cadaveri. Si ferma vicino alla testa (decapitata) di Ruggero. Inizia a divorargli l’occhio così, come antipasto. E poi si porta via tutta la testa. [FINE SPOILER]
Rettifico: QUESTA È LA SCENA PIÙ BELLA DEL COPIONE. Non solo la ragazza si è vendicata di quel fottuto uomo con la telecamera in mano, ma anche la testuggine. Fanculo tutti!
UN SEQUEL ALL’INCHIOTRO PIACEVOLE MA NON INDIMENTICABILE, CONSIGLIATO SOLO AGLI AMANTI DELL’ESTREMO E DEL GORE (E DI CANNIBAL HOLOCAUST, NATURALMENTE).
Giudizio complessivo: 7.5
Enjoy,
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