Regia: Dan Gilroy
RECENSIONE
Il film tratta le vicende di Lou Bloom (Jake Gyllenhaal), un personaggio a dir poco inquietante, che si guadagna da vivere rubando e rivendendo materiali metallici.
Una sera assiste ad un incidente stradale e rimane piacevolmente colpito dal lavoro di un operatore video freelance, Joe (Bill Paxton), che riprende la macabra scena per poi rivenderla all’emittente che offre di più. Lou decide così di intraprendere questa carriera e da questo punto in poi, assisteremo all’evoluzione del personaggio che seguirà il mood narrativo dello Scarface di Brian de Palma del 1983. Una scalata al potere graduale che porterà Bloom sul punto di non ritorno.
Con Nightcrawler il noto sceneggiatore Dan Gilroy (Real Steel, The Bourne Legacy), debutta come regista e dimostra fin da subito un grandissimo talento. Le ispirazioni sono principalmente due: Scarface, già citato sopra, e Drive di Nicolas Winding Refn, che dal momento in cui uscì generò un filone intero di film con protagonisti moralmente ambigui e senza un reale background, che si cimentano in inseguimenti rocamboleschi.
Come succede sempre quando un film inventa un nuovo genere, i film che ne seguono il filone possono essere suddivisi in 2 categorie: brutte copie senza arte ne parte o, come questo film, risultare un ottimo film con una propria identità sia a livello di messa in scena che registico.
Dan, infatti, a livello stilistico è lontano anni luce dal regista Danese ma, non per questo meno efficace. Siamo di fronte a un film che vuole mostrarci il vero volto dei media, un film che ragiona sull’animo voyeuristico di noi spettatori, di come le emittenti giornalistiche ci guadagnino sulle vite degli altri senza rispetto per la vita; il loro unico obbiettivo è l’audience.
Tutto il denaro gira in torno alla sofferenza di persone ignare persino di essere filmate nei loro ultimi istanti di vita. Meglio se bianche e benestanti, come dice nel film la responsabile delle notizie Nina (Rene Russo), perchè si sà, alla gente non importa di cosa accade nei quartieri poveri, altra critica che possiamo scorgere nel film. Ovviamente, il confine tra filmare un incidente per soldi e provocarlo per altrettanto denaro è molto labile e, superato quel limite, non si torna indietro.
Questo film mi ha ricordato un pò quello che diceva Lucio Fulci in un intervista fatta nel 1995, (se non l’avete mai vista andatela a cercare, la trovate su youtube) cito testualmente; “L’horror lo propinate voi ogni giorno con il telegiornale”, non aveva tutti i torti. Ormai non passa giorno in cui non ci siano decine di servizi su crimini violenti e altrettanti special televisivi su di essi, dove non fanno altro che intervistare i familiari solo per mostrare la sofferenza che regalerà al canale di turno più spettatori, ergo altro denaro. Non penso che il regista sappia di Fulci, ma che sia solo un caso. Nonostante ciò rimarca quelle stesse parole e ciò non può che farmi piacere.
Tecnicamente il film è impeccabile, un ottimo ritmo incalzante, riprese meravigliose della città di Los Angeles, con una splendida fotografia su toni pastello molto caldi. La narrazione poi è accompagnata incessantemente dal sottofondo di radio della polizia, notizie alla TV e alla Radio e inframezzata dalla visione delle torri trasmettitrici, riprese dal basso o perpendicolarmente allo sfondo della città come a simboleggiare il dominio di queste strutture e il riverbero che hanno le loro notizie in tutta la città.
Ma come non citare anche il talento dell’attore protagoista Jake Gyllenhaal, che interpreta un vero sociopatico. In ogni inquadratura vi inquieterà con il suo sguardo e lo odierete per quanto sia viscido, manipolatore e senza un briciolo di rimorso. Dan riesce a inserisce a tratti anche un velo di ironia all’interno della pellicola che non guasta mai.
Tirando le somme Lo Sciacallo è uno dei thriller più belli degli anni 2000, molto poco citato e a cui vi invito a dare un occhiata.
Buona visione,
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