Regia: David Lynch
David Lynch, regista visionario, geniale, surreale, un burattinaio che ha creato un tipo di cinema nel cinema stesso, che ha stravolto la narrativa che cinefili e non erano abituati a vedere in sala, probabilmente il più grande regista horror perché, senza l’utilizzo di serial killer mascherati, mostri acquatici o litri di succo di pomodoro, ha mostrato nelle sue opere la complessità della mente umana, e in primis della sua (SPOILER probabilmente sarà scappato dalla finestra insieme al Grande Capo di Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo FINE SPOILER).
Con Velluto Blu, progetto portato avanti per anni che ha visto la luce solo nel 1986, il geniaccio del Montana ritorna ad un filo narrativo più coerente e “classico” rispetto al precedente Eraserhead e ai successivi Strade Perdute, Mulholland Drive e, soprattutto, al folle Inland Empire e, secondo il modesto parere del sottoscritto, tocca uno degli apici più alti della sua già himalayana carriera (in realtà mi fa cagare Lynch, ma se parlassi male di lui in un sito di cinefili incalliti come questo, domani mattina mi ritroverei legato con una catena ad un cesso con a sinistra un seghetto e a destra una testa mozzata di cavallo 😆).
In Blue Velvet (titolo che riprende un classico brano Anni 50 di Bobby Vinton) assistiamo alle disavventure del giovane Jeffrey, impersonato dal feticcio lynchiano Kyle MacLachlan, il quale, dopo aver ritrovato un orecchio mozzato in un campo, finisce per mettere il naso in affari molto più grandi e molto più pericolosi di lui, facendo la piacevole conoscenza di Dorothy (IsaBELLA Rosellini), cantante di nightclub ammogliata con marito e figlio scomparsi, e la spiacevole conoscenza di Frank, gangster in continua assuefazione di droghe pesanti nonché amante di Dorothy e rapitore di marito e figlio di quest’ultima.
Tra rapporti sessuali, corse folli in macchina denominate il “viaggio del piacere” (amanti di Tarantino, vi ricorda qualcosa? Un certo Stuntman Mike per caso?) e tanto voyeurismo, l’ingenuo Jeffrey scoprirà che sotto l’apparente aurea di serenità e tranquillità della sua cittadina si nasconde un’altra faccia, sporca, complementare alla bellezza di un campo di rose sbocciate le quali nascondo insetti, orribili radici e, ovviamente, merda.
Ed è proprio da questa immagine che Lynch fa iniziare (e concludere) questa sua fatica.
Facce scavate dal mistero e dal dolore, paesaggi notturni nebulosi e rarefatti e la tipica simbologia lynchiana che vuol dire poco e vuol dire tutto rendono Velluto Blu un gioiellino noir di ottima fattura, che ogni regista che si rispetti dovrebbe invidiare.
Attori in formissima, in primis quel cocainomane di Dennis Hopper che qui si droga ancora di più che in Easy Rider (impresa impensabile) girando per il set con una bombola di Popper sotto il braccio.
Ottima la colonna sonora con al suo interno due pilastri della musica statunitense: la già citata Blue Velvet e la bellissima In Dreams cantata da quell’orbo di Roy Orbison, presente nella scena più emblematica nel film, ovvero quando Frank porta Jeffrey nel locale del fottutamente soave Ben; a mio avviso una delle SCENE MEGLIO RIUSCITE NELLA STORIA DEL CINEMA, senza se e senza ma (e per questo vi beccate il link per vedervela a fine recensione, cazzi vostri oramai).
Simbolico l’orecchio che, quasi come una porta, fa entrare Jeffrey in un mondo inesplorato e sconosciuto.
Infine, da appendere in ogni cineteca è la fantastica e violentissima copertina disegnata dall’italiano Enzo Sciotti, dapprima sequestrata perché ritenuta eccessiva. CAZZO DI MORALISTI.
PIÙ CHE UN CULT, ORMAI UN CLASSICO CHE TUTTI I PROFESSORI DELLE SCUOLE DI CINEMA PROPINANO AI LORO ALLIEVI, GIUSTAMENTE AGGIUNGO.
FORSE NON IL MIGLIOR LYNCH, O FORSE SI, TANTO QUANDO SI PARLA DI LYNCH MENO SI CAPISCE, MEGLIO È.
Giudizio complessivo: 9
Enjoy,
Scena Cult
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