Regia: Steven Soderbergh
La Truffa dei Logan segna il ritorno alla regia di Steven Soderbergh a quattro anni dal suo ultimo lungometraggio. E lo fa in grande in stile poiché sforna un nuovo heist movie fresco e brillante.
L’incipit è quanto di più semplice si possa immaginare: i Logan (due fratelli e una sorella) vogliono dare una svolta alla loro vita mediocre e decidono perciò di tentare il colpo grosso durante una corsa automobilistica della Charlotte Motor Speedway aiutati dalle conoscenze di un galeotto e i suoi fratelli.
Con questa premessa Soderbergh mette in scena un film divertente che con le sue trovate ed il suo ritmo sostenuto non sbaglia mai un colpo. D’altronde stiamo parlando di un regista ormai affermato, ovvero colui che nel 1989, a nemmeno trent’anni, vinse la Palma D’oro a Cannes con il suo primo lungometraggio (Sesso, Bugie e Videotape) e che nel 2001 è entrato in quella piccola schiera di registi capaci di portare ben due film in concorso alla stessa edizione degli Oscar vincendo il premio per la migliore regia con uno (Traffic) e facendo vincere la statuetta a Julia Roberts con l’altro (Erin Brokovich). Poi come sappiamo tutti si è fatto conoscere a mezzo mondo con la trilogia dedicata alle rapine della banda capeggiata da Danny Ocean.
Tornando al film, Soderbergh si avvale di nuovo di un cast stellare prendendosi pure il lusso di mostrarceli come non li avevamo mai visti: Channing Tatum operaio imbolsito e zoppo, Adam Driver monco e barista modesto, un Daniel Craig totalmente diverso da come siamo soliti vedere ultimamente nei panni di James Bond e Hilary Swank che appare addirittura a film più che inoltrato. Tra gli altri poi figurano anche Riley Keough nel ruolo della sorella Millie, Katie Holmes, Katherine Waterston, Seth MacFarlane e Sebastian Stan.
Nonostante questo però, e nonostante anche la messa in scena e l’impianto del tutto facciano pensare al contrario, La Truffa dei Logan è un film indipendente e autoprodotto con un budget moderato rispetto alle produzioni delle major hollywoodiane. Questo perché Soderbergh ha saputo sfruttare ciò che aveva a disposizione come meglio poteva sperimentando e valorizzando, per esempio, l’uso del digitale e anche perché voleva completa libertà di agire, senza imposizioni dall’alto che avrebbero potuto inficiare sul risultato finale. Libertà di agire che viene esemplificata dal fatto che, oltre alla regia, ha curato anche la fotografia ed il montaggio, senza “nascondersi” (come spesso ha fatto) dietro a pseudonimi e nomi fittizi, facendolo risultare ancora più autoriale.
Il film ha poi dalla sua il fatto che, oltre a mettere in scena una delle rapine cinematografiche più coinvolgenti e meglio riuscite degli ultimi anni, mette in mostra anche un’America ben diversa da quella che ci viene continuamente propinata nella maggior parte dei film odierni.
Si, perché mentre la controparte cool, impersonata dalla trilogia di Ocean, metteva in mostra lo sfarzo e il glamour e i protagonisti potevano contare sull'organizzazione e sui mezzi, in questo film ci viene mostrato quanto l’America più rurale e periferica, fatta di condizioni di vita precarie e disagiate, porti l’individuo ad arrangiarsi come meglio può, anche quando si tratta di fare una rapina. Tutto ciò è messo in scena nello stato di West Virginia, uno dei più filo-repubblicani del Paese, e quindi il richiamo all’attualità è ancora più evidente.
Quest’unione di intrattenimento e temi socio-politici (che non appesantiscono assolutamente il film e che non sono ridondanti, anzi, magari non si notano neppure) testimonia quanto gli statunitensi possano tirare fuori bei film anche quanto descrivono una realtà diversa da quella che vogliono farci credere nella maggior parte dei casi.
Buona visione,
Trailer
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