Regia: Adam Rehmeier
The Bunny Game si apre con una scena di omicidio e, qualche secondo dopo, di sesso orale. Un inizio non certo dei migliori e, da ciò, si capisce quale sia l'andazzo generale della pellicola, una sporca storia amatoriale sul rapimento e l'umiliazione.
Questo film cerca di seguire l'onda dei torture porn che tanto infiammarono la Francia all'inizio del nuovo millennio ma senza riuscirci. L'elemento che fondamentalmente lo differenzia rispetto ai suddetti è, banalmente, la mancanza di violenza: di sangue, purtroppo, non ne vedremo nonostante in alcune circostanze ci sarebbe stato veramente bene. La violenza esplicita viene sostituita (almeno in linea teorica) da una violenza psicologica ottenuta attraverso il montaggio frenetico, l'ossessiva attenzione per i dettagli ed una colonna sonora fuori di testa, il tutto condito con fotografia cupa e macabra.
Nella tracklist del film troveremo alternanza tra brani black metal e dark ambient, scelte musicali perfette per le circostanze. Anche le scenografie tutto sommato sono coerenti con il resto della pellicola, come ad esempio il cassone del camion nel quale la protagonista viene improgionata da un maniaco è spoglio e sporco, un luogo malsano dal quale, anche noi, vorremmo uscire.
Nonostante la storia sia quindi quella di un rapimento a danno di una prostituta, la quasi mancanza di dialoghi si fa sentire, specialmente per quanto riguarda il senso del film, che risulta solo un puro esercizio di stile e nulla di più.
Le urla, al contrario, sono più incisive dei pochi dialoghi stupidi e inutili che sentiremo, queste verranno distorte e ampliate, suoni perforanti che ci faranno sentire malessere e ci faranno, almeno in parte, immedesimare nella protagonista.
La scarsa durata è un punto a favore del film che, se fosse stato più lungo anche solo di dieci minuti, sarebbe risultato veramente noioso, più di quanto non lo sia già. Gli attori protagonisti non aiutano a far sembrare il film più interessante e, oltre ad interpretare personaggi banali e poco approfonditi, attuano performances non proprio eccellenti che, ogni tanto, risultano finte e forzate, rovinando il mood marcio del film.
Concludendo, consiglio il film agli amanti degli horror indipendenti non troppo pretenziosi, sconsigliato invece a chi cerca qualcosa di più raffinato e profondo.
Giudizio complessivo: 5
Buona Visione,
Stefano Gandelli
Trailer