Regia: Luca Vendruscolo
Anno 1995, ci troviamo nella comunità Ismaele a Roma, luogo dove vengono tenute persone con disabilità fisiche e mentali.
Ho usato il verbo tenere e non accudire non a caso, infatti in questa comunità i malati non sono ben visti dal direttivo ma anzi vengono considerati solo un peso per la società e per la struttura, degli ostacoli che devono essere gestiti dagli obiettori di coscienza.
Coloro che infatti si occuperanno in prima persona sono obiettori di coscienza volontari e non, costretti a prendersi cura di persone che, in altre circostanze, forse non avrebbero nemmeno guardato.
Il film quindi inizia mostrandoci la disabilità in tutta la sua fredda essenza, ci viene mostrato come spesso queste persone ritenute diverse possano venire emarginate e trattate solo come oggetti, non come esseri umani con dei sentimenti.
Mano a mano che il film progredisce però veniamo a conoscenza più ravvicinata dei vari soggetti e lo stesso staff di obiettori imparerà a convivere e ad amare questo tipo di realtà, cercando di trovare il meglio in ognuno e provando a rendere quella situazione meno pesante per tutti.
Tra i vari pazienti della struttura, ci si concentrerà in particolare su alcuni di loro, come ad esempio Franchino, considerato dal direttivo una persona orribile e lasciato a morire senza cure mediche specialistiche, effettuate in modo un po'artigianale dagli obiettori e da un infermiere albanese abusivo che lavora nella struttura. La scena dove devono mettergli il catetere non è facile da digerire, non tanto per quello che si vede, ma per il concetto che sta alla base: persone lasciate a morire semplicemente perchè ritenute inferiori.
Ogni giorno si sente in tv di come la malasanità, a volte, arrivi ad uccidere le persone e di come le istituzioni non siano presenti come dovrebbero nella vita dei pazienti. Ecco, questo film spiega questo concetto e sono sicuro che saprà far riflettere su come sia la condizione del malato e come vada affrontato questo tipo di problematica.
Un altro punto interessante che viene trattato è quello della libertà, ci si interroga su quale sia il limite tra giusto e sbagliato e se, per divertirsi, sia per forza necessario essere liberi di fare ciò che si vuole senza pensare alle conseguenze. Il film non da una vera e propria risposta a queste domande ma, piuttosto, fornisce interessanti inidizi per pensare autonomamente a quale sia la soluzione del problema.
La pellicola è girata in modo abbastanza amatoriale, con una cura per le luci non particolarmente elaborata ed inquadrature semplici ma, al contempo, efficaci, in grado di catturare l'essenza della comunità, specialmente negli sguardi di coloro che, questa realtà, la vivono tutti i giorni. Ogni tanto questa semplicità però sfocia quasi nella banalità e alcune scene, alcune inquadrature e alcuni dialoghi non sono proprio il massimo. Nota enorme di demerito anche per i titoli di testa, scritte bianche in Comic Sans su sfondo nero...davvero bruttine e realizzate all'ultimo secondo (o almeno, questa è l'impressione che danno).
Complessivamente però si può dire che questo Piovono Mucche sia una piccola sorpresa nell'indie cinematografico italiano, un film del quale non avevo mai sentito parlare ma che consiglio a tutti di vedere per avere uno spaccato di una realtà tanto distante da noi quanto vicina.
Giudizio complessivo: 7.9
Buona Visione,
Stefano Gandelli
Trailer