Regia: Lucio Dandolo
Su gentile richiesta del proprietario del sito (il quale mi dovrà pagare fior fior di quattrini se vorrà ancora avere in futuro recensioni di tali monnezze), ecco l’analisi critica di un’opera dall’alto livello psicologico, misteriosamente dimenticata nel tempo: Quant’è Bella La Bernarda, Tutta Nera, Tutta Calda (conosciuta anche come Quant’è Bella La Bernarda, Chi La Tocca… Chi La Guarda; ma conosciuta anche con il terzo titolo Il Sessorcista, per via della presenza nel film di una specie di Max Von Sydow di Macerata).
La pellicola, diretta da Lucio Dandolo (un nome, un programma), segue il ciclo delle commedie boccaccesche pecorecce iniziate con Il Decameron di P.P.P. (Pier Paolo Pasolini, mica Pippo, Pluto & Paperino) e proseguite con la nascita del sottogenere del “Decameroticus” (basato su piccanti equivoci sotto le lenzuola), che vanta capolavori del calibro di Fiorina La Vacca, Fratello Homo Sorella Bona, Decameron Proibitissimo (Boccaccio mio statte zitto), Novelle Licenziose Di Vergini Vogliose…e piuttosto che vedermi tutti sti film e farne la recensione di ognuno mi sparo nei testicoli!
Essendo già di partenza un genere non proprio spettacolare, immaginate di trovarvi davanti ad un degli esempi più beceri di codesto sottogenere: chiudete gli occhi, andate in bagno, fate quello che dovete fare, alzatevi, abbassate la testa e aprite gli occhi…..ecco, lì vedrete in carne (e poche ossa, dipende dalla vostra alimentazione) Quant’è bella la Bernarda…
Perché il film, in poche e semplici parole, fa cagare: tante tette, tante battutacce da osteria dove c’è una puzza di piscio che si muore, pochissime idee.
La storia cornice, tipica di questi film, vede due “burini de Fiano” che chiedono aiuto ad un esorcista molto particolare, il quale parla con un latinorum discutibile (“Ovus: et unum, et duem, et trem….zabaionum”) e che vive in una grotta illuminata da puzzolenti torce sulfuree.
Questo Mago Zurlì dei poveri, per intrattenere i suoi ospiti, inizia a raccontare diverse storie che hanno, come filo conduttore, la passione carnale: si passa infatti da padri che vogliono far scopare a tutti i costi i figli a nobili inglesi a cui non tira più il beneamato uccello senza piume, da preti che aiutano spiritualmente delle prostitute in un bordello a uomini brutti come il peccato originale che si credono belli come Porfirio Rubirosa dalla bocca fascinosa, fino ad un plebeo (il sosia di Alan Parson) che, con un astuto stratagemma, si vendicherà di una nobildonna che gli ha dato il due di picche, ma finirà lui per prenderlo nel culo…..LETTERALMENTE!
La cosa peggiore, a parte il film stesso, è vedere in quest’accozzaglia di trashaggine un grande caratterista come Mario Brega, conosciuto per classici della commedia all’italiana come Bianco, Rosso e Verdone, Borotalco, Un Sacco Bello e Vacanze di Natale.
TRA VOLGARITÀ, REGIA ALLE PRIME ARMI E SCENEGGIATURA DA ASILO NIDO, POCO SALVA L’INSALVABILE. FORSE GIUSTO QUALCHE BATTUTACCIA DA OSTERIA, MA PER RIDERE A CREPAPELLE BISOGNA ESSERE IMBRIACHI COME I CLIENTI DELL’OSTERIA.
Giudizio complessivo: 2
Infelice visione,
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