Regia: Gaspar Noé
Irreversible,
uno dei film più ambiziosi e arroganti che abbia mai visto, un pugno nello
stomaco che difficilmente si farà dimenticare.
Parlare
della trama è superfluo e sarebbe
controproducente in quanto, per raccontarla in modo corretto, dovrei
fare spoiler su tutto il film.
La
caratteristica principale dell'opera è infatti quella di essere stato concepito
per avere una narrazione inversa.
In che
senso? Semplice, si parte dai titoli di coda e si finisce con i titoli
di testa. La stessa storia sarà composta de segmenti narrativi che ci vengono
mostrati in ordine inverso, lasciando a noi il compito di riordinare i pezzi
del puzzle, partendo dal tragico epilogo per arrivare all’altrettanto triste
inizio.
Ad
aggiungere ancora un tassello di difficoltà, il signor Noé ha deciso di girare
tutto in piano sequenza, una scelta assolutamente insolita vista la scelta
narrativa. Per passare da un segmento temporale a quello
successivo (o per meglio dire, a quello precedente) ci saranno movimenti di
macchina assolutamente senza senso, vorticanti riprese che faranno girare la
testa e che, oltre a disorientarci, ci catapulteranno in altri luoghi del tempo
e dello spazio filmico.
Anche
durante le riprese normali la telecamera sarà particolarmente oscillante, molto
più di quanto non accada con i film di Von Trier, ma, in una particolare scena,
la telecamera sarà assolutamente immobile: la scena dello stupro.
La
telecamera infatti verrà letteralmente appoggiata per terra per circa un dieci
minuti e assisteremo allo stupro di Monica Bellucci da parte di un tossico in
un sottopassaggio parigino. Una scena sicuramente dura da digerire per chi non
mastica molti film estremi e che ha suscitato da parte di alcuni esperti del settore pesanti critiche alla pellicola.
La scelta di
inserire una sequenza così cruda è legata alla tematica principale del film, la
violenza inconscia dell’uomo, quella che si libera quando non ci sono più freni
inibitori. Lo stupro, ad esempio, è avvenuto in modo del tutto aleatorio, non
programmato; la rissa nel locale gay (Il Rectum…mai nome fu più azzeccato) è
altrettanto cruda e scaturita da una totale furia accecante del protagonista.
Riguardo ai
protagonisti vanno spese due parole. Cassel è la colonna portante, un matto
che, senza rivelare troppo della trama, vuole vendicare la sua compagna Monica
Bellucci; lei è un’attrice che a me non è mai piaciuta ma che qui risulta abbastanza
indicata per il suo ruolo e riesce a risultare più che credibile; Dupontel è il
compagno di Cassel, il suo grillo parlante che gli dice cosa fare e cosa non
fare (anche se alla fine non gli viene mai data troppa retta).
Ognuno di
questi personaggi, a proprio modo, sarà protagonista di uno o più segmenti
narrativi e le loro storie saranno molto più legate di quanto non possa
sembrare in un primo momento.
Cosa dire
poi della fotografia? Assieme alle riprese assolutamente particolari è una
delle cose che salta maggiormente all’occhio: la pellicola è pervasa da un
rosso/arancio molto scuro che si alterna con spazi totalmente bui, claustrofobici e permeati da musica techno da quattro soldi che martellerà i timpani per buona parte della visione.
Droga,
alcolici e violenza saranno il mix di base per questa pellicola, un miscuglio
esplosivo che, vi garantisco, vi rimarrà impresso per molto, molto tempo. Una
versione allucinata del Memento di Nolan, la forzatura artistica dell’Odio di Kassovitz,
un film da vedere almeno una volta nella vita.
Giudizio complessivo: 9.3
Buona Visione,
Stefano Gandelli
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