Cube


Regia: Vincenzo Natali

Diversi anni prima (7 per la precisione) che tutti noi potessimo apprezzare il primo Saw, l’italo-canadese Vincenzo Natali esordiva sulla scena cinematografica con il suo Cube, opera interessante (almeno nelle intenzioni) che in un certo senso ha influenzato, non so quanto volontariamente, un film che, volenti e nolenti, è diventato uno dei cult moderni capaci di battere probabilmente il record di sequel mai girati.

La pellicola inizia con un gruppo di persone che si risveglia rinchiusa all’interno di una struttura cubica (composta in realtà da mille milioni di altre stanze cubiche), senza ricordarsi il perché siano finiti lì e, dopo essersi interrogati sul chi fossero e sulle possibili interazioni che potessero aver avuto nella vita reale, decidono di tentare di fuggire dalla loro nuova prigione, che però purtroppo (per loro) si dimostra essere zeppa di trappoloni infernali e fottutamente mortali.

Vi ricorda qualcosa?


Ad ogni modo, chiuso il discorso delle influenze, ritengo che questo film, all’epoca in cui uscì (cazz ormai è stato vent’anni fa) ebbe sicuramente più credito di quanto ne abbia oggi, soprattutto se visto per la prima volta, principalmente a causa delle varie deviazioni sul tema viste ultimamente che hanno potuto sicuramente usufruire di un budget ben più elevato di quello di cui disponeva all’epoca Natali, fattore che indubbiamente ha penalizzato la realizzazione di questo lavoro.

Nonostante ciò, il regista di cui poco sopra, è riuscito a regalarci alcune pregevoli sequenze, prima fra tutte quella iniziale con l’inquadratura sull’occhio, roba che Corazzate Potemkin e Occhi Della Madre (originali e riprodotti), spostatevi proprio.

Gli effetti gore sono veramente intriganti e le prime due morti gasano parecchio, anche grazie all’ottima realizzazione, che fa ben sperare per il proseguo della vicenda. E qui purtroppo tocca ravvisare la prima delusione.


Dopo queste due prime vittime brutali del sadico gioco, infatti le uccisioni si bloccano, non so se per la mancanza di fondi o per le scelte del regista, che inizia da qui un percorso diverso, volto a far emergere i peggiori lati delle persone venutesi a trovare in situazioni non esattamente programmate e/o programmabili.

L’idea non sarebbe poi tanto male in effetti, se non fosse però per la sopraggiunta di dialoghi banalotti anziché no e di alcune situazioni che difficilmente si riescono a comprendere, pure se rapportate in un momento di totale follia collettiva.

La questione matematica non dispiace e aggiunge un pizzico di pepe ad una situazione che rischiava di ristagnare, anche se effettivamente non so quanto tutti i riferimenti siano corretti e plausibili. Se c’è qualche esperto cervellone che può venirmi/venirci in aiuto lo saprò ricompensare con svariate pacche sulle spalle. Anche perché, col passare del tempo, le fasi di decifraggio cominciano ad essere lievemente monotone e non troppo convincenti.

Qualche momento di tensione lo si avverte, in particolare nel cosiddetto “quadro del silenzio”, ove qualsiasi suono emesso dai poveri malcapitati avrebbe portato all’attivazione di uno dei terribili marchingegni. E proprio questo episodio mi porta ad analizzare l’aspetto “personaggi”. 


Diciamo che nel complesso Natali è riuscito a creare un buon assortimento, con il poliziotto violento, la ragazzina nerd carina, la dottoressa slavata sempre pronta a difendere il più debole, il ritardato che poi alla fine…vabbè non ve lo dico e colui che ha inconsapevolmente progettato una parte di ciò che li circonda. Quando si inizia a giocare con la loro psicologia, ci vuol poco a far emergere la parte peggiore del loro carattere, che inevitabilmente li porterà a pensare ed agire come mai avrebbero pensato di fare. Anche se, come detto prima, non tutte le reazioni risultano comprensibili (vedi risoluzione della sequenza poliziotto-dottoressa per esempio).


Il finale poi è una questione che fa discutere; io stesso non mi riesco a decidere se è stata una scelta vincente o un azzardo. Devo ammettere che la prima volta che lo vidi la delusione fu forte, mentre col passare del tempo e con una seconda visione in tempi più maturi, si riesce ad apprezzare un significato più ampio voluto dal regista nell’occasione, che probabilmente farà storcere il naso a molti ma che, visto con la giusta prospettiva, può senz’altro farci propendere per una valutazione positiva. Ma spesso si dice che la prima impressione è quella che conta, quindi Boh!

Detto ciò, ritengo che Cube non sia un film perfetto, ma che vada senz’altro visto perché merita di far parte della collezione degli appassionati, evitando i due sequel, non esattamente all’altezza.

Giudizio complessivo: 6.8
Enjoy,






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