Regia: Flying Lotus
Per chi non lo conoscesse, Steven Ellison a.k.a. Flying Lotus è un produttore e musicista americano che, nel corso della sua carriera, ha sfornato cinque album e diversi EP nei quali mescola sapientemente elettronica e jazz, creando armonie particolari e molto spesso strane da ascoltare. Le sensazioni evocate nei suoi dischi lasciano trasparire la sua anima creativa e, questo film, ne è il riassunto perfetto.
La storia è quasi impossibile da raccontare, vi basti sapere che c'è stato un grande terremoto che ha messo in ginocchio l'economia globale e, come conseguenza (forse) tutte le persone risultano appestate da un morbo non meglio specificato che causa pustole sparse per il corpo. Una vera e propria trama comunque non esiste ma sono piuttosto diverse storie unite tra di loro da un filo conduttore: la televisione (ne riparleremo dopo).
Come saranno però queste storie? Grottesche? Assurde? Terrificanti? Peggio.
Con Where The Dead Go To Die ero convinto di aver toccato il fondo del barile in quanto a stranezze e malattia mentale del regista ma, forse, questo capolavoro underground (perché così va definito) può tenergli testa.
Tra i vari segmenti narrativi vorrei raccontarvene uno, giusto per farvi capire di cosa sto parlando.
Un signore va in uno studio medico fatiscente per farsi curare da una fobia, per ora, non specificata. Presto scopriremo che si tratta di paura...delle.....tette. Seriamente?
Ad ogni modo, il paziente, per curarsi, dovrà sottoporsi ad una misteriosa seduta che consiste nel:
-sdraiarsi a terra con il medico posto, in piedi, sopra di lui
-cantare
-aspettare che dal fondoschiena del dottore esca uno scarafaggio gigante
-strappare una zampa al suddetto scarafaggio
-bere quanto più sangue verde possibile
Et volià, la cura è presto fatta!
Questo accade in dieci minuti di pellicola circa e vi garantisco che ne vedrete di ogni se avrete il coraggio di arrivare alla fine, da brufoli che fanno cose sconce a mostri transdimensionali che guardano video di gente torturata.
Che bella la fantasia umana.
Il punto di forza del film, oltre all'innegabile audacia, è di sicuro l'aspetto visivo che risulta più che soddisfacente. Gli effetti speciali sono tutti credibili e ben contestualizzati (anche se in un mondo così grottesco è facile inserirli); la fotografia è curata e cupa al punto giusto, accentuando la morbosità di alcune scene ed evidenziando i colori al neon in altre. Ovviamente anche la colonna sonora farà la sua parte: Flying Lotus, Aphex Twin, Akira Yamaoka (colonna sonora del primo videogame di Silent Hill), Kamasi Washington e tanti altri cureranno i vari brani e daranno alla pellicola quel tocco in più che non può mancare in un film di genere.
Per quanto riguarda le tematiche trattate, sono essenzialmente due e legate a doppio filo tra loro: Media e Sessualità. I media sono rappresentati da vecchie televisioni a tubo catodico, presenti in ogni sequenza, che fanno da ponte tra i vari capitoli, come se stessimo facendo zapping selvaggio alla ricerca di qualcosa di decente da guardare. La sessualità invece è ovunque, ogni cosa è fonte morbosa e malata di desiderio, ogni scena esplicita sarà rivoltante, immagine quindi del sesso non come piacere ma come strumento di intrattenimento di bassissima qualità. Quante volte i programmi televisivi per attrarre il pubblico mettono in mostra belle ragazze? O quante volte il cinema stesso mostra scene di sesso in film dove questo non c'entra assolutamente?
Kuso è quindi una riflessione surreale ed allucinata di una società senza valori che si lascia trasportare dai media senza, spesso, discernere cosa sia giusto da cosa sia sbagliato. Consigliato vivamente a tutti gli amanti degli esperimenti cinematografici e a chi ama la musica di Flying Lotus.
Buona Visione,
Stefano Gandelli
Trailer