Autore: Giuseppe Pelleriti
Esordio col botto quello di Giuseppe Pelleriti, qui alla prima (e speriamo non ultima) fatica.
Il Colpo Di Coda è un romanzo che, per farla breve, narra le vicende di Cicciu Dottori che dopo la Seconda Guerra Mondiale, riunendo il suo credo comunista con quello RobinHoodiano, iniziò, insieme alla sua banda in costante espansione, a fare sempre più suo il concetto di “Rubare ai ricchi per dare ai poveri”. E in breve tempo diciamo pure che la faccenda gli scappa lievemente di mano.
I fatti di cronaca a cui si fa riferimento nel romanzo, così come i luoghi teatro delle vicende ivi narrate, appartengono chiaramente alla vita reale, con alcune sapienti parentesi romanzate dall'autore, e ci catapultano direttamente in quei paesi e in quelle tradizioni che, al giorno d’oggi, possono sembrare bizzarre (soprattutto a chi non ha mai oltrepassato il confine padano), ma che sicuramente riescono a farti sentire parte della storia, quasi come se fossi nato lì in quel periodo. Ed è in questo che l’abilità di Pelleriti, vien fuori bene.
Lo stile si rifà alla tradizione degli scrittori siciliani; più di una volta, nei giudizi di critici e pubblico, mi è parso di vedere il nome di Camilleri accostato a questo lavoro e, anche se effettivamente non ho grande conoscenza del maestro di Porto Empedocle, auguro allo scrittore di ripercorrere anche solo una piccola parte della sua carriera.
Le sfumature dialettali sono piacevoli e conferiscono frizzantezza al racconto, facendolo sembrare più vivo e soprattutto più reale. Per quanto mi riguarda, trovandomi spesso per lavoro in Sicilia, non ho riscontrato difficoltà nella comprensione (anche perché pure i termini più “stretti”, inseriti all'interno della frase corrente, chiamano piuttosto facilmente il loro significato) e ritengo che pure chi non ha mai messo piede fuori da Bolzano, riesca abbastanza facilmente a divincolarsi nella lettura, riuscendo di conseguenza ad apprezzarne lo stile.
Come già accennato, le vicende raccontate riguardano tematiche piuttosto serie e violente e, ancor di più, mi sento di apprezzare la venatura comica che fa sempre capolino per tutta la breve durata del libro. A partire dall'immagine colorita di un Hitler che, persa la Guerra a seguito del tradimento italiano “Ncominciò a saltare come pungiuto dalla tarantola, si rotolò per terra come posseduto dal diavolo e si mise a rosicare il tappito, come un surgi”, proseguendo con il siparietto di quando il cornutazzo va dal medico a chiedere spiegazioni riguardo alla sospetta non verginità della moglie (lì alcune espressioni tipo “l’attrezzo è talmente nicu da essere cchiù fino di uno spàriciu selvatico!” mi hanno fatto stendere dalle risate) e chiudendo con la mitica rissa nel circolo poco dopo (ahhh il birritto nuovo che prende fuoco :-D), giusto per fare tre esempi significativi.
Il ritmo è incalzante, ti senti totalmente immerso nella faccenda e non vorresti davvero interrompere la lettura, salvo urgenze incontrollabili, grazie anche ad una serie di intrighi ben architettati e gestiti, che mi portano ad introdurre il discorso relativo ai personaggi.
È chiaro infatti che tutto ruota intorno a loro e più precisamente intorno alla figura di Dottori, uno di quei pochi villain (perché alla fine di questo si tratta) per cui in alcuni momenti, nonostante tutto ciò che riesce poi a combinare, non puoi non fare il tifo, peculiarità che difficilmente si riesce a trasmettere mediante le pagine di un libro o attraverso lo schermo per quanto riguarda il discorso “cinema”. Forse si sarebbero potuti approfondire maggiormente gli aspetti caratteriali di alcune delle figure maggiormente coinvolte nella storia, garantendo così un’ancor maggiore caratterizzazione degli “attori” presenti sul campo, ma qui l’azione spinta non dà spazio a ulteriori divagazioni e probabilmente ciò risulta essere una scelta vincente, perché in fin dei conti sono i fatti che fanno i personaggi che, tutto sommato, riescono ad essere inquadrati piuttosto bene all'interno del contesto.
Le ultime pagine poi sono ancora più serrate, con la caccia a Dottori che non ti dà tregua fino ad arrivare al finale molto toccante ed intenso, con la predica del padre al figlio e il ricordo che “L’uomo è vivo quando travagghia e fa crescere i figghi. Il delinquente è temuto, l’uomo è amato. Il delinquente usa la pistola, l’uomo il cervello. Il delinquente è furbo, ma non intelligente. Non ha l’intelligenza per capire che si scava la fossa da solo”.
Che dire, se Pelleriti avrà voglia di proseguire questa carriera parallela, credo che sentiremo molto parlare di lui.
Giudizio complessivo: 8.8
Buona lettura,