Regia: Claudio Fragasso
E quando credi che tutto sta andando per il meglio, non puoi neanche immaginare che facendo quella scelta, quella terribile e ingiustificabile scelta di comprare il dvd di Zombi 4, stai per andare incontro a tutto il peggio che la mente umana possa aver montato su pellicola, un incubo secondo solo per bruttezza ai capolavori della Asylum (Mega Piranha su tutti), un inferno (di letame più che di cristallo....e però, ricordando De Andrè, qui dal letame non nasce niente se non altro letame) che resta sullo stomaco come una peperonata alle 8 di mattina (sempre se non siete Aldo Baglio).
Ma partiamo dal principio: Dio in 7 giorni creò il cielo e la terra, poi Adamo ed Eva ed infine la macchina da presa con ai lati Stanley Kubrick (il Dio della settima arte) e Claudio Fragasso (l’Anticristo della settima arte).
Fragasso è stato molto probabilmente uno dei peggiori artefici del cinema italiano (ma anche all’estero qualche danno l’ha combinato), dirigendo capolavori del brutto come Troll 2, Monster Dog e l’aberrante commedia balneare Operazione Vacanze.
Qui (senza Quo & Qua), sotto lo pseudonimo di Clyde Anderson realizza l’abominevole sequel del già poco riuscito Zombi 3 (che se vi ricordate era diretto sempre da Fragasso con “l’aiuto” di Bruno Mattei) e sputtana la reputazione del cult Zombi 2 del grande Lucio Fulci.
La storia non esiste e ruota attorno ad un gruppo di soldati rimasti bloccati su un’isola deserta delle Filippine, dove troveranno e apriranno il libro della morte (no, non c’è Ash che aprirà qualche culo di zombi con la sua motosega), il quale ovviamente risveglierà i morti, i soldati si chiuderanno in una baracca e, a turno, moriranno. FINE. Oscar per la miglior sceneggiatura originale….Pulp Fiction sembra una storia di Federico Moccia in confronto!
Effetti “speciali” fatti coi piedi (sucidi per altro): da liquidi verdi espulsi dalla bocca in stile colluttorio a fili in bella mostra che tirano su “magicamente” un demone, fino al trucco degli zombi che può essere costituito da una manciata di farina (non credo di Kamut) sparsa sul viso a specie di pustole di gomma che ricordano vagamente quei chewing gum che si calpestano d’estate e che rimangono appiccicati sotto la suola dei sandali e che per levarli bisogna prendere un bastoncino da ghiacciolo e….ma brutti stronzi buttateli nei cestini no, invece che gettarli in mezzo al marciapiede….SIETE DELLE BESTIE (e soprattutto tu che stai leggendo le recensione, so che lo fai brutto stronzo senza cuore).
Dopo questa lezione di civiltà, parliamo del finale del film, che non ha completamente nessun senso con quello visto precedentemente: una delle protagoniste arriva in una grotta, butta una collana tra le fiamme e improvvisamente si trasforma in un mostruoso essere verdognolo che sputa dalla bocca un merdoso liquido verde, si gira verso la telecamera, ride e….cala il sipario….titoli di coda.
Ma………PERCHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEÉ?
Nel cast vi è un certo Chuck Peyton (sarà pitone in inglese?), idolo dei film hard made in USA (ecco perché ho chiesto se sarà pitone AHAHAHAHAHA doppio senso sul fallo di un attore porno aha che originalità, più originale della trama di sto film).
La presenza di sto Peyton è anche piuttosto inutile visto che non vi è manco una scena di nudo (e, bisogna ammettere, che almeno la Asylum le mette….Asylum 1 Fragasso 0).
L’unica cosa decente è la canzone “Living After Death”, che fa anni 80 più dei Ghostbusters.
Il problema più grave del film è che si prende troppo sul serio e che non ha neanche quel minimo di trash che per la trama di certi film non guasta mai (Zombi 3, seppur brutto, aveva queste caratteristiche).
Conosciuto anche come After Death perché probabilmente è così che sarà l’Inferno (Dante Alighieri impara).
La cosa migliore del film? I titoli di coda! Vedere per credere.
REGIA INESISTENTE, RECITAZIONE INESISTENTE, TRAMA INESISTENTE.
DOPO LA CROCE DELLE SETTE PIETRE, PROBABILMENTE IL PIÙ BRUTTO FILM (horror e non) DEL CINEMA ITALIANO.
Ps: Esiste anche Zombi 5, ma non credo di farcela….
Giudizio complessivo: 0,5
"BBuona visione"
Nicolò Benincà