Regia: Sean Byrne
Gran bella scoperta, un film tutto sommato semplice, che non affronta argomenti particolarmente innovativi e originali, ma che alla fine non ti fa pentire di aver speso 90 minuti scarsi del tuo tempo per godere delle avventure di questa metal-famiglia.
La storia ci racconta appunto di un padre pittore-metallaro che insieme a figlia (metallozza pure lei, che durante il primo giorno di scuola si presenta con aggressiva canotta degli Slayer giusto per mettere le cose in chiaro) e moglie (piuttosto indifferente alla passione musicale degli altri due) si trasferiscono in una nuova casa, dove però le cose non andranno esattamente come auspicato dai tre.
Il regista è tale Sean Byrne, che già abbiamo apprezzato nell’ottimo The Loved Ones, dove in una delle parti migliori (reazione del ragazzo), guarda caso il sottofondo metal la fa da padrone, suggerendo probabilmente un deciso gradimento del regista per il genere.
Ma il risultato però è leggermente inferiore, soprattutto perché, come dicevo poc’anzi, paga sicuramente una minor originalità rispetto al predecessore che, sotto questo punto di vista, aveva pochi rivali.
Le robe bbuone però non mancano, a partire dal filo conduttore metallaro, che non può non farci tornare in mente l’ottimo Deathgasm. Sicuramente accattivanti sono sia la musica iniziale, che quelle di accompagnamento, dove in sequenza mi è parso di riconoscere Machine Head, Sun O))) e pure gli sciagurati Metallica, mentre la scena di headbanging padre-figlia in macchina è da Oscar.
La voce che rimbomba poi nelle orecchie del povero Ray, diventa via via un’ossessione anche per lo spettatore e sono sicuro che ve la ripeterete/canticchierete con voce tendente al growl pure voi che, lo so, siete per lo più fans di Giggi D’Alessio.
Citavo prima il povero Ray e colgo l’occasione per introdurre il discorso personaggi, a mio avviso particolarmente azzeccato, anche in virtù di una recitazione convincente. E parlo sia per il villain di turno, interpretato da un Pruitt Taylor Vince decisamente in forma e sempre in bilico tra sadicità e sfigataggine, sia per Ethan Embry, nei panni del padre pittore.
Fantastiche sono a tal proposito le sue espressioni soprattutto quando dipinge in piena trans agonistica, mentre a dir poco figherrime risultano essere le sequenze dei suoi dipinti che si fondono con le “prodezze” di Ray, a testimonianza che il comparto tecnico è senz’altro di buon livello.
Fantastiche sono a tal proposito le sue espressioni soprattutto quando dipinge in piena trans agonistica, mentre a dir poco figherrime risultano essere le sequenze dei suoi dipinti che si fondono con le “prodezze” di Ray, a testimonianza che il comparto tecnico è senz’altro di buon livello.
Pure i dipinti, sui quali soprattutto nella seconda parte ci si sofferma parecchio con intriganti primi piani, sono affascinanti ed inquietanti, ma quello che poteva diventare un filmone, viene in parte rovinato da una parte finale un po’ frettolosa, seppur abbastanza adrenalinica.
Se infatti la prima parte, così malsana ed avvolgente, forniva un bel preambolo, ciò non si può dire per un epilogo sbrigativo e banalotto se vogliamo, forse a causa di una carenza di fondi (o di idee, mah).
In sostanza, parafrasandone il titolo, possiamo definirlo come “Una buona caramella che sarebbe potuta essere confezionata meglio ma che, una volta finita di mangiare, ti lascia un buon gusto in bocca”.
Giudizio complessivo: 7.3
Enjoy,
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