L’Enigma Dei Ghiacci


Autore: Maurizio Maggi


Classico esempio di romanzo a me sconosciuto (fino a poco tempo fa si intende) e di autore ancor più sconosciuto (infatti questa è la prima fatica di Maurizio Maggi se non erro).

Ma, dopo aver letto quelle poche righe di presentazione, è scattata subito quella scintilla che onestamente è rimasta accesa, seppur con alcuni alti e bassi, fino alla fine della lettura.


Le prime pagine sono molto intriganti, ricordano in un certo senso quanto si era già letto in The Martian, seppure con ambientazioni totalmente diverse. Infatti qui è la bianca cornice fornita dall’Antartide a fare da splendido contorno ad una vicenda che, in breve tempo, abbandona l’idea della semplice survivor story, per trasformarsi in un intrigo mondiale dove biologia, politica, azione, sopravvivenza, fanatismo pseudo religioso e molto altro si mescolano piuttosto bene, senza mai cozzare troppo tra di loro. Quel “troppo” è d’obbligo perché in alcuni casi le storie si fanno un po’ intricate e, se la lettura non è continuativa, quelli tipo me che non si ricordano cosa stavano dicendo un secondo prima, possono vedersi costretti a tornare qualche pagina indietro per fare il punto su dove fossero arrivati.

In sostanza tutta la vicenda ruota attorno al Lago Vostok e a ciò che sembrerebbe nascondersi al suo interno. Batteri primordiali? Forme di vita aliene? Gas naturali presenti in quantità tali da poter sostentare il mondo per lustri? Bettino Craxi e Moana Pozzi che pensavano di averci fregato? Insomma una serie di misteri sui quali i sovietici sembrano essere vicini a mettere mano…e ovviamente qualcuno non è d’accordo.


La narrazione, come è buon uso fare ultimamente (almeno negli ultimi romanzi da me letti), è fortemente alternata; date le molte vicende che ben presto si vengono a creare, possono passare diverse pagine per riprendere la situazione e, se da un lato ciò può essere un bene (creando interesse e spingendo per andare avanti nella lettura), a volte finisce col dare leggermente fastidio, soprattutto tenendo conto che alcune storie (in particolare quelle legate al lato più politico della vicenda) intrigano meno e smorzano lievemente l’entusiasmo.

Ma i momenti in cui viene messa in risalto l’U.R.S.S, per un filosovietico come me, sono pura poesia; basta per esempio ricordare il momento in cui Rebko viene spedito giù nel lago e prima ha il piacere di ascoltare quel discorso motivatore dove gli viene ricordato che serve “Una persona coraggiosa, che conosca questa base come le sue tasche, che abbia dimestichezza con codici che non si insegnano più all’università da vent’anni e CHE AMI LA SANTA MADRE RUSSIA PIU’ DI SE STESSO”. Ecco a questo punto sarei andato giù pure io!

La parte finale poi è ricca di azione, scorre via rapidissima e sembra proprio di essere lì chiudendo gli occhi, grazie anche alla figura di Gabriel Novak, in costante evoluzione, ma forse liquidata troppo in fretta e con troppa facilità.

Il finale piace e lascia forse aperta qualche porticina. Chissà, li rivedremo?

Giudizio complessivo: 7.5
Enjoy,






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