Autore: Sandrone Dazieri
Fin’ora avevo sempre parlato di film tralasciando, non so bene perché, la sezione libri, ma da oggi si cambia registro.
E voglio iniziare con l’ultima delle mie “fatiche”, ovvero L’Angelo di Sandrone Dazieri, finito di leggere giusto qualche giorno fa.
A differenza di quanto succede di solito, stavolta sono andato alla cieca per quanto riguarda l’acquisto; mai avevo sentito parlare di questo scrittore e ovviamente mai avevo letto qualcosa di suo. Ma la copertina era intrigante, così come lo erano quelle poche righe di presentazione che mi hanno convinto.
E mai scelta fu più azzeccata, anche se in realtà poi scopro che questo si tratta di una sorta di seguito di Uccidi Il Padre, sempre dello stesso scrittore ma che, seppur visibilmente influenzato dal precedente, può tranquillamente essere affrontato anche da chi non ha letto il suo predecessore.
Già si parte benissimo con “I am an antichrist, I am an anarchist, Don’t know what I want but I know how to get it, I wanna destroy passerby” (citazione da Anarchy In The UK dei Sex Pistols, per i più distratti), il che mi porta a dover spendere qualche parola in più su Sandrone Dazieri, attivista legatissimo ai Centri Sociali (non so perché ma, vista la citazione precedente, un po’ me lo aspettavo), e sceneggiatore e pure head writer di svariate serie televisive (tra cui per esempio Squadra Antimafia).
Il suo stile narrativo non mi dispiace per niente, anzi l’ho trovato particolarmente vincente, oltre che molto funzionale a raccontare questa vicenda.
Vicenda che si apre con quello che all’inizio sembrerebbe un classico e semplice attentato terroristico ai danni dei passeggeri della prima classe di un Frecciarossa Milano-Roma, ma che in realtà nasconde ben altre faccende.
Ed è proprio nel racconto di queste che Dazieri gioca bene le sue carte, soprattutto quando le storie cominciano ad essere più di una e a svolgersi contemporaneamente. La narrazione infatti viene sapientemente alternata, dedicando il giusto spazio a ciascuna di esse, ma non soffermandosi troppo su nessuna, in modo tale da non scordarsi dove si era rimasti dall’altra parte e, nel contempo, riuscendo a mantenere alto l’interesse nel lettore. Giusto così per citare uno scrittore moderno conosciuto ai più, quella vecchia volpe di Dan Brown (abile nel sapersi vendere molto bene ma, a mio giudizio, poco significativo in quanto a stile) fa esattamente l’opposto, spaziando continuamente da una vicenda all’altra, senza la tregua necessaria ad appassionarsi seriamente a qualcosa in particolare e in questo senso Sandrone-Dan: 1-0.
Altra caratteristica dannatamente apprezzabile è il saper piazzare a tradimento qualche piccolo mini spoiler ricalcando, seppur in maniera molto minore, il gran Maestro Stephen King, che in praticamente tutti i suoi romanzi (almeno in quelli che ho letto io, che non sono pochi) non lesina frasi del tipo “XX prima di uscire salutò affettuosamente YY…E quella fu l’ultima volta che la vide viva”. So che ad alcuni possono dar fastidio queste anticipazioni (se possiamo chiamarle così), ma personalmente le ho trovate azzeccate in questo lavoro (soprattutto perché non se ne è abusato oltremodo).
La storia poi ti prende sin da subito, non risulta mai troppo intricata e si conclude perfettamente con un paio di colpi di scena che francamente non ti aspetti, ma che ci stanno dibbrutto, mettendoti di fronte al fatto che non tutti i personaggi in realtà sono quel che sembrano.
E parlando di personaggi, non si può non applaudire ancora una volta Sandrone, in primis per aver creato dei soggetti veramente convincenti (anche se ricordo che i vari Colomba Caselli e Dante Torre si erano già visti nel precedente Uccidi Il Padre), ma soprattutto per il modo con cui pian piano te li fa scoprire, anche nelle più piccole sfaccettature del loro carattere. È inevitabile dopo un po’ immedesimarsi nelle loro facce, vederseli mentre danno la caccia al cosiddetto Angelo della Morte e, ovviamente fare il tifo per loro.
Detto questo ribadisco il più altro gradimento per questo lavoro (forse anche un po’ troppo eccessivo, ma chissenefrega), consigliandolo a chi apprezza quei romanzi thriller dove la scoperta di come va a finire la faccenda diventa una delle priorità quotidiane.
Chiudo con una considerazione.
Se mai qualche giovane regista si ritrovi a leggere per caso questa pagina (perché mai dovrebbe farlo non lo so, ma ci provo lo stesso), si legga il libro perché gli spunti per creare un filmaccio bello potente, nel quale si potrebbe spingere pesantemente sulla componente horror e splatter, ci sono tutti (e lo dico pur disprezzando quasi sempre tutte le trasposizioni cinematografiche che mi trovo a vdere…ma qui sento che nelle mani giuste si potrebbe spaziare).
Giudizio complessivo: 8.5
Enjoy,
Luca Rait
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