Regia: James DeMonaco
Ed eccoci finalmente alla terza fatica riguardante le faccende legate allo Sfogo annuale statunitense, che mi ha portato a vedere i 3 film in rapida sequenza, lasciandomi nel complesso piuttosto soddisfatto.
Il regista è sempre James DeMonaco che, col passare degli anni e l’aumento del budget, ha decisamente ampliato i suoi orizzonti narrativi, passando dalle vicende vissute da una famiglia (primo capitolo), a quelle vissute dai cittadini (secondo capitolo), per giungere infine a ad un racconto di come la notte più temuta e, al tempo stesso, più desiderata d’America, possa coinvolgere anche direttamente i massimi esponenti della politica americana, nel bene e nel male.
In particolare questo è da considerarsi un vero e proprio sequel dell’episodio precedente, il quale invece era slegato dagli avvenimenti occorsi nel lavoro iniziale che, a conti fatti, considero il meglio riuscito della trilogia (che forse resterà tale ancora per poco).
Il tema principale, pur considerando le varie deviazioni narrative, resta il medesimo, portandosi quindi dietro pregi e difetti dei suoi illustri predecessori che non andrò ad approfondire ulteriormente.
Mi soffermo invece sulla svolta “politica” che, in definitiva, è l’elemento che distingue maggiormente questo film, grazie al coinvolgimento diretto di protagonisti “di un certo livello” e al maggior bombardamento mediatico che racconta lo sfogo in maniera più dettagliata, con espressioni che in certi momenti mi hanno fatto accapponare i pochi peli che mi son rimasti in testa per la leggerezza e la semplicità con cui vengono pronunciate dai politici o dai giornalisti di turno. È ormai chiaro infatti che concetti come “Tutti non possono avere” o “Non ce n’è a sufficienza per tutti” siano ormai radicati nelle menti degli americani, facendomi così ricollegare a quanto detto nelle precedenti recensioni riguardo all’abilità del regista nel trasmettere tutto questo. Per la prima volta si incomincia anche ad aprire la notte del giudizio ai non americani, perché in definitiva “Il turismo dell’omicidio è il vero boom dell’economia del paese”, lasciando forse intendere quale sarà la strada che verrà intrapresa prossimamente, augurandosi magari una maggior prevalenza della componente puramente horroristica, della quale la saga ha chiaramente bisogno, soprattutto dopo questo film.
Già, perché qui il passaggio all’action movie nudo e crudo è ancor più evidente, nonostante in alcuni momenti il regista sembra andarci un filo più pesante, con qualche immagine più tosta che però non aggiunge molto a quanto già visto. È evidente come, su questo punto, DeMonaco avrebbe dovuto spingere con maggior convinzione.
La scelta dei personaggi poi non convince appieno. Frank Grillo già nel lavoro precedente aveva mostrato qualche crepa all’interno del suo personaggio e qui sembra quasi sempre in ritardo su tutti i fronti, non riuscendo ad ergersi vero protagonista della vicenda, come invece probabilmente il film avrebbe richiesto.
Anche la presenza di Elizabeth Mitchell nei panni della senatrice non mi pare totalmente azzeccata, forse perché ormai mi viene difficile immaginarla al di fuori della Juliet di Lost, ma molto probabilmente invece pure lei risente di una serie di frasi fatte e dialoghi approssimativi che, inevitabilmente, non consentono di esaltare al massimo una prestazione recitativa che, nel complesso, sarebbe pure stata sufficiente.
Discreta invece la figura del super nazi, forse un filo eccessivo, a testimonianza di come il regista tenda a voler strafare, piacendosi un po’ troppo e facendo a volte risultare il film quasi come una caricatura di se stesso.
Nel complesso però intrattiene piuttosto bene, sempre con tutte le forzature del caso e con i dubbi che già mi attanagliavano dai capitoli precedenti, uniti ad un finale che, in questo caso, appare davvero troppo telefonato e che getta ombre scure sul futuro dello Sfogo.
La sufficienza se la guadagna proprio perché di certo non ci si annoia, grazie alle tonnellate di piombo che, in un modo o nell’altro, riescono a tenerlo a galla.
Giudizio complessivo: 6
Enjoy,
Luca Rait
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