Regia: M. Night Shyamalan
Shyamalan, dopo quella ciofeca di The Visit (insultatemi pure se volete, ma tanto il mio giudizio non cambia di una virgola), aveva decisamente da farsi perdonare qualcosa e ci prova con questo Split che, indubbiamente non poteva essere peggiore del suo predecessore, ma che ahimè non riesce a riscattare totalmente questo regista per il quale, a questo punto, penso siano rimaste davvero poche carte per stupirmi e farmi ricredere in merito alla convinzione che, dopo Il Sesto Senso, si sia perso per strada.
Il tentativo qui è comunque apprezzabile, perché ci troviamo dinanzi ad un saggio sulla follia piuttosto anomalo e allo stesso tempo intrigante e, fino ad un certo punto, credibile. Sarebbe potuto anche essere un Filmone con la F maiuscola, perché i presupposti c’erano tutti ma, come vedremo più avanti, vi sono stati troppi lati negativi che hanno rovinato (anche se non del tutto) la faccenda.
Dico “non del tutto” perché effettivamente ci sono molti pregi all’interno di questo film, a partire dal bell’inizio in macchina con la prima scena, o dai titoli di testa, per non parlare poi del gioco delle 23 personalità che, in un primo momento, desta sicuramente curiosità nello spettatore.
Il vero punto di forza poi è chiaramente la presenza e la prestazione sfoderata da James McAvoy, veramente eccezionale e capace di risultare coerente in tutte le sfumature caratteriali che prendono possesso del corpo del povero Kevin Wendell Crumb. Tra tutte merita un riconoscimento speciale quella che lo fa risultare un maniaco dell’ordine e della pulizia, costringendolo ad una sensazione di irrequietezza anche solo per la presenza di una briciola sulla maglia di una delle ragazze che ha appena sequestrato (“Levati la briciola…LEVATELA!!!).
Già perché d’accordo che si parla di disturbo dissociativo dell’identità, ma a contorno delle vicende riguardanti la psiche del protagonista (o dei protagonisti, fate voi), c’è pure la storia di queste ragazze rapite e tenute segregate in un luogo all’inizio sconosciuto. E qui si potrebbe pensare ad una svolta “violenta” o rimandante a sfumature di torture porn, che in realtà non ci saranno, perché il regista gioca tutto sull’aspetto psicologico e, in questo senso fa assolutamente centro, perché i vari Dennis, Patricia, Barry ed Hedwig tengono botta in maniera convincente.
Ed è a questo punto che sorge il primo dubbio.
Ma perché 23 personalità e poi il film si gioca tutto su 5 o 6??? Lasciando poi tutte le altre incompiute o appena accennate da quel filmato che Casey, una delle 3 ragazze, vede sul PC???
È chiaro che a quel punto ci sei dentro e pretendi un maggiore approfondimento della situazione, ma questo è un dettaglio che, in virtù di un epilogo solido e vincente, sarebbe anche potuto essere dimenticato in fretta.
E invece quando entra in gioco la 24esima personalità si cambia registro e purtroppamente lo si fa in peggio.
Inizialmente pensavo fosse uno scherzo, perché è impossibile aver montato su un teatrino quasi perfetto fondato su basi solide e poi far crollare tutto con questo passaggio sovrannaturale che onestamente ci sta come il salame col cappuccino (sempre che non sei giapponese). In pratica con questa svolta totalmente sgradita, perlomeno a me, il regista ha vanificato un lavoro dal potenziale eccellente e che fino a lì era resistito più che dignitosamente.
La citazione finale poi, benchè io sia uno che apprezzi queste cagate qui, l’ho trovata fuori luogo, messa lì come a dire “Ah non avete visto XXXX??? Bene che cazz aspettate andate subito a vederlo”.
Non male invece la scelta di puntare, tra tutte e 3, sulla ragazza con la storia più interessante, che permette una facile previsione sul come andrà a finire il confronto tra lei e La Bestia (altro fattore che in un thriller come questo non rappresenta proprio un colpo di genio), ma che regala quantomeno alcuni momenti interessanti, come per esempio quell’espressione verso la fine, quando le viene comunicato che lo zio era venuta a prenderla.
Ed è appunto qui che aumenta il rammarico, perché senza dubbio i personaggi e le personalità reali e “umane” sarebbero bastate a creare un film moooolto più intrigante.
E invece, giudizio complessivo 6-- di stima (che poi non è che ne abbia tanta nei suoi confronti effettivamente).
Enjoy,
Luca Rait
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