Regia: Jan Svankmajer
Adattammento cinematografico del Faust, è uno dei più brillanti lavori del regista Ceco. Tutto incomincia, come spesso accade con
Svankmajer, a Praga.
Un uomo qualsiasi viene invogliato più volte da due ragazzi a prendere dei volantini sui quali è segnato, con un cerchio rosso, un luogo sulla cartina della città.
Un uomo qualsiasi viene invogliato più volte da due ragazzi a prendere dei volantini sui quali è segnato, con un cerchio rosso, un luogo sulla cartina della città.
All’inizio butterà via il foglio ma, in
seguito, lo recupererà e deciderà di andare a vedere cosa c’è in quel posto,
scoprendo un teatro. Senza capir bene né come né perché, il nostro protagonista
si ritroverà lui stesso protagonista teatrale del Faust, la celeberrima opera
di Goethe. La maledizione del dottore che osa sfidare Dio si abbatterà anche
contro il nostro protagonista che vivrà una doppia maledizione: quella reale e
quella teatrale.
Rivisitazione del celebre Faust quindi, un opera
ben diversa dal precedente riadattamento (quello di Murnau) e per fortuna ben
lontano da quello futuro a tema supereroistico (quello di Yuzna). In questa
versione il regista ci propone una storia creata su più livelli che si
mescoleranno tra loro e che spesso ci faranno perdere il senso di ciò che è
reale e di ciò che è recitato. Vedremo in scena attori in carne ed ossa,
marionette giganti, attori che diventano marionette e marionette nella vita
reale. Tutti questi intrecci creano un bellissimo mondo nel quale raccontare
uno dei racconti tedeschi più affascinanti di sempre.
L’uso delle marionette è utilizzato per riportare a
galla la tradizione boema del teatro animato e, in questo caso, vedremo
pupazzi decadenti e logori, dai volti inquietanti e dalle voci stridenti.
L’uso del sonoro è molto importante anche in questo caso e contribuisce
in larga misura a ricreare un’atmosfera fatiscente e tetra allo stesso tempo.
La stop-motion è presente come sempre ma in misura
decisamente minore rispetto ad Alice, il precedente lungometraggio del regista.
Questa tecnica viene usata in pochissime occasioni, quasi solamente per
animare Mefisto che da massa amorfa di argilla si trasforma in un volto
dall’aspetto umano. Le sue apparizioni sono molto inquietanti e danno alla
pellicola quel tocco horror che non guasta mai. Per il resto lo stile è molto
vicino al comico-grottesco unito ad una buona dose di black humor piuttosto
piacevole.
Le tematiche affrontate vertono principalmente
attorno al concetto di peccato e di debolezza umana, un uomo qualsiasi infatti
è diventato vittima di Lucifero e, come è capitato a lui, potrebbe capitare a
chiunque altro di noi. Questa ciclicità è evidenziata dal fatto che i due
ragazzi che ad inizio film distribuivano volantini saranno gli stessi artefici
della rovina di Faust e li incontreremo più volte nel film, sempre intenti a
far crollare psicologicamente il nostro protagonista.
Sotto questo aspetto, i due loschi figuri mi hanno
ricordato alcuni personaggi Lynchiani, misteriosi ma essenziali ed il teatro
dove tutto si svolge ha un profumo di Club Silencio, elementi che quindi
troveremo nel futuro Mulholland Drive ed in altre opere del regista americano.
Concludendo, questo Faust è quindi un ottimo film
ed un interessante modo per vedere una storia già conosciuta con uno stile
assolutamente unico. Consigliata la visione a chi ha apprezzato lo Svankmajer
del Don Juan o a chi vuole addentrarsi in un modo disturbante e surreale.
Giudizio complessivo: 8
Buona Visione,
Stefano Gandelli
Trailer