Regia: Greg McLean
Ecco un altro prodotto parecchio interessante, con qualche difetto chiaramente, ma che non sfigura per niente in mezzo a tutta la monnezza che ci è stata propinata negli ultimi anni.
Non è la prima volta tra l’altro che mi ritrovo ad apprezzare film dall’ambientazione oceanica (inteso come continente Oceania ovviamente), tra cui cito lo sconosciuto ed ingiustamente snobbato Dying Breed (andate a recuperarlo e poi ne parliamo se volete), oppure quel Rogue sempre del medesimo regista di questo Wolf Creek o l’ottimo Snowtown, senza poi dimenticare il semi deludente Primal e chissà quanti altri che ora non mi sovvengono o che non ho ancora veduto.
Qui in particolare, leggendo la trama, ci si poteva aspettare qualcosa di banale e scontato, senza alcun pregio/guizzo significativo e con un 5/10 che pareva scontato, con i soliti ragazzi che si perdono, il cattivone che corre in loro aiuto, questi che si fidano e da lì in poi l’inferno che si scatena.
Appare fin troppo chiaro che, con queste premesse, fosse necessario un contorno di tutto rispetto e, in questo senso, il buon Greg McLean, riesce a confezionare un thriller/horror di tutto rispetto, pescando un po’ di qua e un po’ di là, ma senza plagiare spudoratamente nessuno, anche se i richiami al Non Aprite Quella Porta di Tobe Hooper sono piuttosto chiari (ed effettivamente questo poi non è così tanto un male se ci si pensa).
Due in particolare sono i grossi punti a favore.
Le ambientazioni in primis sono veramente interessanti, con il bush australiano che la fa da padrone, insieme al mitico cratere di Wolf Creek, che in realtà si chiamerebbe Wolfe, dal nome dello scopritore e francamente non mi capacito di come si possa aver storpiato la faccenda, con il rischio che qualcuno si creda di trovarsi di fronte un branco di lupi famelici, manco fossimo sulla seggiovia di Frozen (a proposito, questo è il periodo giusto per rivederlo, soprattutto per chi si appresta ad andare in settimana bianca).
I personaggi poi risultano credibili (fattore non così scontato in questo genere), senza troppi stereotipi classici del teen horror moderno e con un villain di turno veramente strepitoso. Complimenti a John Jarrat, a me sconosciuto prima della visione, che con il suo essere cattivo, folle, sadico e spietato come pochi, garantisce quel quid in più che consente al film di distinguersi dalla mediocrità.
La tensione è buona per gran parte del film e pure qualche effettaccio non dispiace, sebbene questi ultimi siano dosati col contagocce, fattore piuttosto insolito data la situazione. Nel complesso prevale infatti una violenza più psicologica ed emotiva, che però colpisce quanto basta (oddio forse poteva colpire anche un po’ di più ad essere sinceri).
Peccato davvero che, come spesso purtroppo accade, anche qui la maledetta coglionaggine dei protagonisti a volte si manifesti in maniera troppo evidente, dando così origine a situazioni paradossali e davvero difficili da credere. Ora ditemi, ma come cazz. è possibile che anziché finire definitivamente il cattivo quando ne hai l’occasione, ti limiti a dargli un colpetto sulla schiena???? Oppure quando riesci a scappare con l’auto, per quale cazz. di motivo credi che buttarla giù dal burrone sia la soluzione vincente, rimangiandoti poi subito dopo la scelta???
Vabbè probabilmente sono io che non capisco queste finezze tecniche e ogni volta devo sempre trovare il pelo nell’uovo, ma nel complesso questo film mi ha divertito parecchio e pure il finale non mi è dispiaciuto, seppur lontano da quanto successo nella realtà (e già, perché la storia si ispira ad una realmente accaduta).
Il modo in cui sono state giocate le poche pedine a disposizione è stato infatti molto interessante, dando così l’opportunità di girare un Wolf Creek 2 che, da quanto si legge in giro (non su questo sito ovviamente), promette molto bene.
Giudizio complessivo: 7.5
Enjoy
Luca Rait
Trailer