Regia: Paul Thomas Anderson
Daniel Plainview, minatore, un giorno trova il petrolio in una miniera e, da quel momento, diventa un magnate della nascente industria petrolifera, acquisendo pozzo dopo pozzo, dollaro su dollaro. Per quanto riguarda la sua vita privata, è vedovo e con un figlio a carico, figlio che sarà sempre con lui ogni qual volta ci saranno affari da trattare.
Un giorno, in particolare, gli si presenta l’occasione di una vita: un’enorme superficie di terreno a basso prezzo sotto la quale si nasconde un mare di petrolio. La soffiata arriva da un ragazzo, fratello di un fanatico religioso che in cambio di questa informazione chiede una discreta somma di denaro per la sua Chiesa. Soldi promessi ma mai arrivati, primo dei tanti inganni escogitati da Daniel per raggiungere il potere e la ricchezza.
Questa è la trama della prima mezz’ora di film, l’introduzione a questo viaggio nei pani di Daniel, un uomo freddo e falso, interessato unicamente al denaro e nel suo nome capace di rinnegare ogni cosa, dal figlio al proprio credo.
Il film infatti se in una prima parte si concentra sulla creazione dell’azienda petrolifera, in seguito questa sarà solo uno sfondo al declino morale e spirituale del nostro Daniel Day-Lewis, protagonista indiscusso della pellicola. Questo personaggio nel corso delle due ore e mezza di film subisce una trasformazione, o meglio, ci fa conoscere tutti le sue molteplici sfaccettature, partendo dagli aspetti positivi del carattere fino ad arrivare a quelli più meschini e disonesti.
Affiancata alla figura di Daniel, ce ne sarà una altrettanto negativa, quella di Eli il predicatore. Se Daniel infatti per i soldi commetterà qualsiasi cosa, Eli farà altrettanto in nome di una fede falsa e basata unicamente sulle superstizioni, fede che vedremo essere più interessata al denaro che alla spiritualità. Tra queste due figure nascerà quindi un forte astio che le porterà a scontrarsi più volte, sia verbalmente che fisicamente.
Alla fine del film quindi avremo una visione principalmente negativa di entrambi i protagonisti e il messaggio che il regista vuole comunicare è che, in fondo, non sono i soldi a fare la felicità quanto piuttosto i veri valori che si vanno sempre più perdendo. Una morale scontata, forse, ma che nessuno al giorno d’oggi sembra in grado di applicare.
La colonna sonora in questo film è fondamentale e in stretto contatto con la sceneggiatura. Nella scena d’apertura, per esempio, vedremo un paesaggio collinare aspro e secco, con in sottofondo una musica inquietante e cupa: impossibile a non pensare a Shining. Tra i due film infatti scorre un legame (più o meno) diretto; in entrambi infatti fin dall’inizio avremo il presagio che qualcosa di brutto stia per accadere e in entrambi il protagonista andrà in contro all’auto-annientamento e alla pazzia.
La fotografia poi è davvero splendida, in particolare la scena del pozzo infuocato è davvero meravigliosa da guardare e rende alla perfezione il senso di impotenza dell’uomo di fronte a fenomeni improvvisi e incontrollabili, vittima della sua stessa superbia.
Per concludere, Il Petroliere è stato davvero una piacevole scoperta e lo consiglio a chiunque, indipendentemente dai gusti, perché questa è una di quelle pellicole che è destinata a diventare un moderno classico.
Giudizio complessivo: 9
Buona Visone,
Stefano Gandelli
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