Regia: Aleksei German
Tratto dall’omonimo romanzo di Arkady e Boris Strugatsky, racconta la storia di un pianeta Terra futuristico, ormai arrivato alla perfezione, che decide di aiutare un fittizio pianeta vicino, rimasto però ad un livello di cultura e tecnologia pari a quello del nostro Medioevo.
Vengono così inviati alcuni scienziati con il compito di accelerare il progresso, in quanto il Rinascimento qui è stato soppresso da Don Reba, tiranno della zona che uccide qualsiasi persona ritenuta intellettuale. In particolare, il nostro scienziato protagonista andrà in missione con il nome di Don Rumata avendo il compito di trovare Budakh, un dottore rapito da Don Reba, mentre vive in un castello, circondato da schiavi e povertà ovunque.
Vengono così inviati alcuni scienziati con il compito di accelerare il progresso, in quanto il Rinascimento qui è stato soppresso da Don Reba, tiranno della zona che uccide qualsiasi persona ritenuta intellettuale. In particolare, il nostro scienziato protagonista andrà in missione con il nome di Don Rumata avendo il compito di trovare Budakh, un dottore rapito da Don Reba, mentre vive in un castello, circondato da schiavi e povertà ovunque.
Il film è l’ultima, colossale opera di Aleksei German, pellicola che ha impiegato quindici anni della sua vita di cui sei solo per le riprese. Hard To Be A God è quindi una colossale lavoro di circa tre ore di durata, un viaggio nel marcio e nel vizio della specie più terribile di tutte: l’uomo.
Dopo la visione infatti sarà difficile non sentirsi sporchi, proprio come i personaggi che vivono nel fango, sotto alla pioggia, convivendo con escrementi, animali, violenza e malattie. Lo stesso Don Rumata infatti, nonostante fosse inviato per aiutare la popolazione, si ritroverà a maltrattare ed umiliare gli schiavi che lo circondano, uccidendo e uniformandosi ad un mondo che mostra il lato peggiore della nostra specie, in ogni sua orribile sfaccettatura.
Il punto di forza del film però è di sicuro l’aspetto visivo. German riesce a creare inquadrature veramente perfette che riescono ad esaltare la profondità di campo creando un effetto che, a volte, dà l’impressione di essere girato in 3D. Per ottenerlo, avremo diversi livelli sui quali si compiono le azioni, molteplici piani vivi ed animati che coesistono e ci danno prospettive diverse di ogni singola situazione. Il bianco e nero si sposa perfettamente con il nebbioso mondo creato e le varie inquadrature prenderanno ispirazioni da quadri di artisti come Bosch o Bruegel, mondi popolati da una moltitudine di personaggi diversi e strani.
La recitazione non è affatto male e gli attori riescono ad entrare alla perfezione nei personaggi, nonostante in alcuni passaggi alcune scene sembrino non-sense e di difficile comprensione.
Il film però presenta anche degli aspetti negativi; la durata infatti, unita ad un ritmo piuttosto lento farà si che, per chi non è un grande amante del genere, l’opera risulti indigesta e difficile da seguire fino in fondo. La fortuna di Hard To Be A God, come già detto, sta nella potenza e nella meticolosa costruzione delle immagini che riusciranno a farci dimenticare magari il ritmo e ci incanteranno, come di fronte ad un bel dipinto.
Consiglio il film agli amanti del cinema d’autore, quello più fantasioso e controcorrente. Sconsigliato a chi desidera un film leggero, questo richiederà pazienza e concentrazione per essere apprezzato.
Giudizio complessivo: 8
Buona Visione,
Stefano Gandelli
Trailer