Regia: Lucio Fulci
Eccoci qui a parlare del grandissimo e poliedrico Lucio Fulci, che qui si mette alla prova con l’horror vero e proprio, uscendone chiaramente vincitore.
Questo film in particolare fa parte della cosiddetta “Trilogia della Morte”, firmata dal regista stesso e comprendente anche i vari Quella Villa Accanto Al Cimitero e Paura Nella Città Dei Morti Viventi, entrambi molto validi, ma superati da questo ...E Tu Vivrai Nel Terrore! L'Aldilà, che ritengo essere non solo il migliore della serie, ma pure uno dei prodotti più riusciti in assoluto del maestro, che qui offre il meglio di se, a volte pure esagerando, ma francamente me ne infischio (come diceva qualcuno…) perché film come quello di cui vado parlando non devono assolutamente passare inosservati.
Durante la visione ci si immerge in un’atmosfera cupissima, decisamente macabra e malata e si respira proprio la morte, all’interno di una storia piuttosto delirante, con richiami evidenti a quel Lovecraft che chiaramente è stato una discreta fonte di ispirazione.
E a proposito di fonti di ispirazione, è impossibile non fare a riferimento ad altri sui lavori, che qui vengono palesemente richiamati (vedi per esempio pestaggio con catene, omaggio a quello già visto nei confronti della maciara in Non Si Sevizia Un Paperino, o il giochino degli occhi che già avevamo gustato in Zombi 2), in un processo di autocitazione che ai giorni d’oggi in pochi si possono permettere senza cadere nel ridicolo. E tra questi cito giusto Quentin Tarantino, che insieme ai vari Sam Raimi e Robert Rodriguez (e chissà quanti altri che ora non ricordo), hanno dimostrato di apprezzare questo film (che oltreoceano ha avuto ben più successo che qui), prendendo spunto da qui per la realizzazione di alcune riuscitissime scene dei loro lavori più celebri.
Il sangue innocente abbonda senza alcun ritegno, come Fulci ci ha già abituato, e gli effetti “speciali” li ho trovati molto azzeccati, artigianali e genuini al punto giusto, grazie alla sapiente realizzazione del fidato Giannetto De Rossi.
Diverse scene mitiche (anche se alcune intuibili da un kilometro di distanza) si susseguono poi durante la visione, a partire dal pestaggio iniziale, da cui si origina poi tutta la faccenda delle sette porte dell’inferno e continuando poi con l’episodio del giovane Michele Mirabella, divorato da quei deliziosi ragnetti palesemente finti, che nulla fanno per avere quantomeno una minima parvenza di veritiero. E poi vabbè, quando si “gioca” con gli occhi, durante i film horror, il mio apprezzamento sarà sempre massimo.
La trama è piuttosto lineare, con una meravigliosa ultima parte ed un finale perfetto e la colonna sonora si incastra molto bene, risultando decisamente accattivante, caratteristica che spicca spesso nei film italiani dell’epoca (anche nei poliziotteschi per esempio), a testimonianza di come al giorno d’oggi questa eccellenza si sia ahimè persa per strada.
Perdoniamo infine al buon Lucio qualche inevitabile e purtroppo ricorrente passaggio a vuoto sulla sceneggiatura (alcune cose non me le spiego ancora oggi, e poi dai, anche se siamo nel 1980, il fatto che si debba sparare alla testa degli zombi, soprattutto quando vedi che funziona, non dovrebbe proprio essere un elemento sbagliato), qualche dialogo (non proprio tarantiniano) di troppo e alcuni momenti di fiacca e sbadigli (ma proprio pochi ve lo prometto), dovuti probabilmente alla situazione citata prima.
Detto questo rinnovo i miei applausi.
Giudizio complessivo: 8.3
Enjoy,
Luca Rait
Trailer