INLAND EMPIRE


Regia: David Lynch


INLAND EMPIRE (rigorosamente in maiuscolo per volere di Lynch stesso) è un film che ha fatto discutere molto, considerato da alcuni un fiasco totale e da altri un capolavoro assoluto. Questa diatriba nasce a causa della natura stessa del film, onirico e terrificante, un flusso di coscienza senza una vera e propria trama. 

Ma andiamo per ordine.

Il film si apre con una ragazza che piange mentre guarda in televisione una telenovela in bianco e nero alternata ad uno sketch con dei conigli antropomorfi che mettono in scena dialoghi nonsense ed inquietanti. Parallelamente, Laura Dern è Nikki, un’attrice che sta aspettando dal suo manager una conferma per la parte di protagonista in un film. Il giorno prima della chiamata del manager riceve visita da una signora, sua vicina di casa, che le preannuncia il ruolo nel film e le spiega come un bambino sia in grado di generare il male, attraverso un discorso assolutamente privo di senso. Da qui il film inizia e scopriremo che il film di Nikki è un remake di un film polacco mai terminato chiamato 47, concluso a causa della morte dei due attori protagonisti. Dopo questa rivelazione il film inizia a sgretolarsi, a ripiegarsi su sé stesso e ad unire i vari piani narrativi. Non capiremo se stiamo assistendo al film di Lynch, al film di Nikki, ad una sua allucinazione o ad un suo sogno. Il modo migliore per guardare questo film è non pensare, bisogna solo lasciarsi trasportare dalle immagini su schermo e farsi cullare da questo terrificante viaggio nella mente umana. Uso l’aggettivo terrificante di proposito perché INLAND EMPIRE riesce a far spaventare inserendo elementi surreali in un contesto normale, giocando con il sonoro e colpendo lo spettatore dritto nello stomaco. È un po’ come quando, durante un sogno, un piccolo elemento, uno qualsiasi, ci mette in agitazione e in paranoia: ecco, questo è quello che si prova guardando il film.

Il sonoro come accennato è molto importante, infatti Lynch gioca molto sia sui volumi che sul brusio di sottofondo, spesso fischi e rumori sordi che aggiungono ansia e tensione anche durante scene “normali” ed altrimenti tranquille.

I dialoghi nonsense sono sparsi per tutto il film, specialmente durante le sequenze con i conigli antropomorfi (estratte a loro volta dal corto Rabbits dello stesso Lynch) e Laura Dern, grazie anche a dei monologhi abbastanza lunghi, riesce a dare prova del suo talento, erigendosi a protagonista assoluta di questo film.

Lynch per la prima volta abbandona la pellicola e passa al digitale così da aumentare il senso di “realtà in presa diretta”, come se fossimo noi stessi li con la protagonista. Così facendo crea uno stile più grezzo e forse meno raffinato delle precedenti opere ma sicuramente altrettanto evocativo e simbolico.

È impossibile poi non citare il richiamo alla metafisica di De Chirico e Carrà, composta da città deserte dove il tempo si è fermato e nelle quali si aggirano individui oscuri e solitari. Questo senso di angoscia e smarrimento è presente un po’ ovunque nel film e, specialmente negli interni, è possibile riconoscere delle stanze “metafisiche”, surreali ed oscure, composte da pochi colori, pochi oggetti e porte aperte verso l’oscurità.

Nonostante la lunghezza della pellicola poi è necessario dire che non risulta per niente noiosa e anzi, grazie a questa alternanza tra realtà ed allucinazione, riesce a tenere incollati allo schermo e vi garantisco che non appena sarà finita vi sentirete smarriti e tramortiti ma soprattutto perplessi e confusi.

Questo INLAND EMPIRE quindi è un film che a molti potrebbe non piacere ma necessario per riassumere tutte le idee che Lynch ha del cinema onirico ed essenziale allo spettatore curioso per farsi trascinare all’interno dell’Impero della Mente, attraverso un film a cavallo tra il noir e la metafisica.


Giudizio complessivo: 10
Buona Visione,

Stefano Gandelli



Trailer



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