Regia: David Cronenberg
Follia, allucinazione, paranoia... potete chiamarla come volete, per conto mio questo film resta una bizzarra, visionaria e soprattutto molto ben riuscita rappresentazione dell’enorme potenza dei media, sicuramente già pressante all’epoca di uscita del film e ancor più opprimente ai giorni d’oggi.
E in questo senso la figura del Prof. O’Blivion si incastra perfettamente nella vicenda che viene raccontata (ricordate "La televisione è la realtà e la realtà è meno della televisione").
Personalmente lo ritengo uno dei migliori lavori di Cronenberg, preceduto solo da La Mosca - The Fly (inarrivabile a mio giudizio) e sullo stesso piano dell’incredibile Crash.
Lo stile è proprio quello del celebre regista Canadese non ci sono dubbi: le varie trasformazioni, l’uomo che si fonde con le macchine (come non scordare lo stomaco che si mangia le videocassette LOL), le terribili allucinazioni di cui è vittima il protagonista e l’ossessione della carne, sono tutte tematiche che Cronenberg ha sempre tirato in mezzo in quasi tutti i suoi lavori, ergendosi così a personaggio a volte controverso, ma davvero unico nel panorama cinematografico mondiale. Non scordiamoci poi che tutto ciò viene sagacemente accompagnato da una serie di immagini piuttosto forti, condite da effetti volutamente esagerati e sopra le righe, ma che nel complesso piacciono, anche considerando il periodo in cui ci si trovava.
Viene inoltre qui trattato anche un tema, quello dei video trasmessi in rete (a quell’epoca chiaramente la rete non esisteva e pertanto il segnale veniva trasmesso esclusivamente via TV) di torture e altri vari atti di violenza spesso di carattere pornografico che abbiamo visto poi riprendere in molti altri film prodotti ultimamente, a testimonianza di quanto Cronenberg fosse già discretamente sul pezzo.
James Woods sfodera una prestazione eccezionale e risulta essere un vero valore aggiunto (grandissimo quando prende a frustate la televisione), mentre Debbie Harry dei Blondie, grazie alla sua patataggine, aggiunge sicuramente quel quid che mancava.
Andy Warhol lo definì "L'Arancia Meccanica degli anni 80”, paragone decisamente azzardato se pensiamo all’importanza e all’influenza che ha avuto il capolavoro di Kubrick ma che poi in fin dei conti ci può pure stare, anche se il tipo di violenza mostrata dai due e senz’altro diversa, sebbene sempre molto efficace nel colpire lo spettatore.
Sicuramente un film che non ti scordi facilmente... e che merita di essere divulgato.
Giudizio complessivo: 8
Buona visione e alla prossima,
Luca Rait
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