di Pietro Moros
E’ il primo libro che leggo di questo conterraneo autore e premetto subito che, nonostante tra le mie letture preferite trovino posto molte opere di autori di libri per ragazzi (Roald Dahl per primo), non amo particolarmente la letteratura che ha proprio i ragazzi
per protagonisti, nel senso che questi devono necessariamente essere inseriti in una storia e/o un’ambientazione molto particolare per piacermi.
Moros invece ci racconta di un gruppo di normalissimi liceali dei nostri giorni, che vivono per di più nella mia città e passano da semplici ed incoscienti bravate adolescenziali ad una situazione decisamente più pesante, trovandosi a dovere dei soldi ad una banda di spacciatorelli di quartiere, ma pur sempre pericolosi. Insomma, una storia quasi da cronaca giornalistica. Quindi mi sono accostata al libro un po’ sospettosamente, ma dopo i primi due capitoli l’ho letto tutto d’un fiato, nel senso letterale del termine: l’ho finito in una sera.
La trama come detto è piuttosto semplice, ma raccontata con una prosa asciutta e fitta di dialoghi, che rende la lettura scorrevole, aiutata anche dall’espediente dell’alternanza tra due “io narranti”: Ambra, una delle ragazze del gruppo, che riporta i suoi pensieri e racconta quello che sta accadendo nel suo quaderno, sotto forma di diario, ed il padre che lo trova casualmente ed inizia a leggerlo.
Il passaggio dei ragazzi dalla normalità delle loro vite alla situazione da incubo in cui si ritrovano è molto rapido, quasi immediato, ma non lascia l’impressione di una trama buttata giù frettolosamente; anzi, rende perfettamente il senso del precipitare contro la propria volontà in una spirale senza via di uscita (quantomeno indolore), tanto che il lettore si trova, quasi affannato, a seguire la vicenda, presagendo che non potrà essere a lieto fine.
Trovo che non sia facile scrivere di problemi adolescenziali senza scadere negli stereotipi del genere, soprattutto se si vogliono raccontare situazioni drammatiche, purtroppo fin troppo frequenti. Direi che Moros c’è riuscito brillantemente, ed ha convinto perfino una scettica come me in merito a questo genere letterario.
E’ un libro che consiglierei caldamente come lettura per ragazzi: un romanzo di formazione, senza alcun timore per la scabrosità di alcuni argomenti trattati, ben sapendo che i giovani, oggi, sono un po’ più scafati di quelli dell’epoca di Piccole Donne o dei Ragazzi Della Via Pal. Per un lettore adulto la chiave di lettura, a mio parere, è di rivivere le grandi paure ed i problemi, adesso considerati banali ma all’epoca apparentemente insormontabili, dell’adolescente che siamo stati: anche se non ci hanno portato a vivere esperienze così drammatiche come quelle descritte in quest’opera, ritroveremo molto di noi, fino a commuoverci, nel racconto di Ambra.
Unico appunto: l’aver dato dei soprannomi ai personaggi (Bomber, Piggy, ecc.). Può darsi che sia un trend dei giovani d’oggi, ma ai miei tempi a Genova non si è mai fatto, e quindi mi è sembrato un po’ una forzatura… ma mi rendo conto che probabilmente l’ho notata solo io.
Buona lettura e alla prossima,
Iliana Pastorino
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