Regia: Clint Eastwood
Trama iniziale
Frank, un pugile in pensione con una difficile storia familiare alle spalle, ha fatto della boxe la sua unica ragione di vita e ormai avanti con l'età non ha di meglio da fare che allenare nuovi campioni. Proprietario di una palestra, segue passo passo l'allenamento del promettente Willie, e lo aiuta a gestirla il suo vecchio amico sui generis Eddie, anch'egli veterano dell'ambiente. In seguito a
un incontro del suo pupillo, gli si presenta davanti una ragazza, chiedendogli di poter diventare sua allieva. Testardo come giusto un pugile può essere, rifiuta seccamente e nega la possibilità anche futura di allenare atleti di sesso femminile.
Maggie però non si lascia scoraggiare facilmente, fin dal suo primo respiro a questo mondo ha dovuto lottare per sopravvivere. Cresciuta prestando servizio nei locali della Contea, ha messo da parte tutti i suoi risparmi pur di riuscire nel suo sogno: autodidatta da più di tre anni, pur avanti con l'età, ha deciso che il suo ambito di riscatto sociale sarà il pugilato e che Frank sia l'unica persona che glielo possa consentire. Si presenta così tutti i giorni alla palestra, ma solo dopo lungo tempo, grazie alla sua caparbietà e alla sua bontà d'intenti, riuscirà a scalfire la scorza d'acciaio che ricopre il rude allenatore..
Recensione critica
Iniziamo dai riconoscimenti ufficiali: ha vinto ben 4 premi Oscar nel 2005, in ordine miglior film, miglior attrice protagonista (Hilary Swank), miglior attore di supporto (Morgan Freeman, e chi altro se no), miglior regia (Clint Eastwood, entrato nei guinnes per aver guadagnato la statuetta alla veneranda età di 74 anni).
Nella strabiliante carriera di Clint Eastwood, costellata da svariati alti e da alcuni bassi, questo film rappresenta sicuramente una delle più alte vette raggiunte. Si sente tutta la sua impronta nella pellicola, infatti, se inizialmente doveva figurare solo come attore, ha chiesto di ottenere la regia di questo adattamento al grande schermo dei racconti del pugile Jerry Boyd. Sceneggiatura curata da Paul Haggis, che ha acconsentito di lasciargli la conduzione del film per concentrarsi su Crash: Contatto Fisico. Numerose poi le somiglianze con il successivo e secondo me ancor più meritevole Gran Torino:
- il personaggio interpretato da Eastwood sembra lo stesso in entrambi, il parallelismo parte dal carattere duro e chiuso, segnato dal tempo e dal dramma del lutto della moglie, che ha speso la vita per un'unica causa, la boxe da un lato e la Ford dall'altro;
- la caparbietà e la voglia di riscatto sociale del personaggio minore, che dal nostro Clint impara a dare la giusta direzione alla propria vita;
- la visione della famiglia di sangue come nullafacenti succhiasoldi, buoni a comparire solo quando c'è da firmare qualcosa utile per il proprio tornaconto personale;
- il sarcasmo tagliente con cui viene raffigurato il prete di zona e l'opinione che il nostro protagonista ha della religione cattolica;
Tuttavia, come ho detto sopra, reputo migliore proprio il suo film del 2009, seppur non abbia ricevuto nessuno premio dall'Academy. Questo perché racconta una storia più vicina alla quotidianità, ora con il terrorismo domestico più che mai, e ha una colonna sonora che mi ricordo ancora adesso pur non avendola mai rispolverata. Million Dollar Baby però va visto senza troppi indugi soltanto per i dialoghi pregni di significato e per le ottime interpretazioni di tutto il cast. Partivo con un forte pregiudizio nei confronti di Hilary Swank, è riuscita a vincerlo e a costringermi a rivalutarla come attrice.
Quindi in un più adatto e dovuto confronto col successivo Warrior, vince sia per quanto riguarda i dialoghi sia per la profondità raggiunta nell'affrontare il tema sportivo. Perde tuttavia in quanto ad approfondimento sulle dinamiche familiari qui davvero scarse, perno di entrambi i film, e spettacolarità nelle scene di combattimento, che non considero però una colpa grave. Cercando poi di non fare spoiler, ho trovato curioso che il film risulti nell'epilogo estremamente simile a una nota pellicola di Amenábar con Javier Bardem, uscita nelle sale statunitensi proprio nello stesso week-end.
Consigliatissimo agli amanti delle grandi storie che parlano di sacrificio; sconsigliato a chi dello sport vuole soltanto sentir parlare del lato positivo, quello del vincitore.
Giudizio complessivo: 8.5
Buona visione e alla prossima,
Bikefriendly
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