Dunque ammetto che la curiosità di vedere come l’altalenante Eli Roth avesse affrontato l’argomento che, già in tempi non sospetti Deodato e Lenzi avevano sviluppato in maniera più che convincente, era molto alta. Molto probabilmente il suddetto Roth nutre una discreta ammirazione per il filone cannibal all’italiana e il tentativo di ripercorrere quella strada l’ho trovato molto apprezzabile.
Bello l’inizio, che dà già l’idea di dove si andrà a parare, con interessanti riprese dall’alto che introducono l’argomento, che viene poi apertamente messo sul piatto quando si inizia a parlare delle tribù dell’Amazzonia e di tutto ciò che ne consegue, anche se all’inizio le minacce per i protagonisti di turno sembrerebbero essere altre (quel 'ci vediamo lunedì' proferito con grande leggerezza dalla ragazza suona in ogni caso di sentenza annunciata…).
I momenti vissuti a bordo dell’aereo che precipita sono assai dimenticabili, tanto che i ragazzi sembrano quasi essere al Luna Park; un paio di sequenze tuttavia non sono male, tipo quella che coinvolge il tizio alla guida.
Quando però fanno la comparsa quei bizzarri umanoidi rossastri, i riferimenti con gli illustri predecessori del genere citati sopra diventano tangibili (addirittura alcune immagini, come quella delle teste conficcate sui pali, mi sono sembrate uguali a qualcuno di essi).
Le scene all’inizio sono abbastanza d’impatto anche se oggettivamente si è visto di peggio, però devo ammettere che funzionano, tanto che la speranza del filmone si fa pian piano strada. La marinatura del 'ciccione innamorato' mi ha fatto sorridere, così come la tizia che si caga addosso e i bambini cannibali che la pigliano pure per il culo.
Ed è a questo punto che purtroppo il regista si perde, non sapendo più che direzione prendere; la scena dei cannibali strafatti di erba fa ridere ma in senso negativo e dopo un’inizio col botto anche gli effetti splatterosi calano notevolmente di intensità. Per non parlare poi dello sviluppo della trama e del carisma pari a zero dei personaggi (cioè la figura di Alejandro è veramente sfruttata malissimo, un personaggio che vuole essere dipinto come un grandissimo pezzo di merda, ma che alla fine fa solo la figura del super pirla).
Il finale poi, decisamente forzato, non convince appieno.
In sostanza, non si capisce bene se Eli Roth vuole essere serio (e in questo caso allora la storia fa acqua da tutte le parti), se vuol fare una semplice esibizione di Splatter (e in tal senso parte bene e finisce male), se vuol giocare sulla vena comica (ci riesce solo in piccola parte, cadendo a volte nel ridicolo involontario) o se vuol semplicemente rivisitare i vecchi classici del genere in chiave moderna (fallimento anche qui).
Insufficiente.