One Hour Photo




Regia: Mark Romanek


Trama iniziale


In un grande centro commerciale tipico degli Stati Uniti riveste una certa importanza un locale che sviluppa i rullini dei clienti. Così, in pieno spirito capitalista, tra una spesa e l'altra ti viene servito il servizio in tutta comodità e in tempi relativamente brevi. Responsabile di quest'area è Seymour, detto amichevolmente 'Sy', che in sostanza ha spostato questo lavoro. 

Molti lo definirebbero un vero e proprio maniaco, conosce infatti nel dettaglio ogni singolo aspetto riguardante la fotografia e la sua stampa. Ma come prevedibile per via della scena iniziale che ci preannuncia un efferato crimine, dietro a questa maschera di bravo lavoratore si cela una personalità disturbata evidentemente scossa da un trauma. 


Questa malattia si manifesta con un'ossessione nascosta nei confronti della famiglia Yorkin, clienti abituali dell'ipermercato. Sy infatti riserva per sé puntualmente una copia dei loro scatti e li conserva come appartenessero alla sua famiglia. Addirittura arriva ad immaginare di essere e a comportarsi come lo zio del piccolo Jackob di cui ha seguito tutte le fasi dello sviluppo. Per cui, a fronte di una sua sempre più spiccata impertinenza e di una sua imperizia sul luogo di lavoro, la situazione potrebbe diventare esplosiva..



Recensione critica

Come avrete capito non aspettatevi un Robin Williams, che interpreta il protagonista, così come molti lo vogliono ricordare. Nonostante pellicole per me indimenticabili e di cui ho fatto incetta come Flubber e Jumanji bisogna infatti tenere a mente che ha preso parte anche in film per il suo pubblico inusuali come Insomnia o anche L'Uomo Bicentenario. E azzardo l'ipotesi che forse, vista la tragica fine, la sua personalità si addiceva di più a questo tipo di ruoli. 

Resta il fatto che in questo One Hour Photo si cala completamente nel personaggio e ne tira fuori una rappresentazione che mette i brividi. Se all'inizio, anche per merito del buon cuore di Jackob, abbiamo di lui un opinione tendente alla tenerezza e alla compassione, col passare del tempo serpeggia sempre più il dubbio che in realtà le sue intenzioni non siano delle migliori. A un certo punto non sai davvero cosa aspettarti, vista anche l'introduzione non proprio confortante. 


Aiuta a traumatizzare lo spettatore un'atmosfera inquietante, composta da una fotografia molto asettica e da una colonna sonora degna di un horror. Si sappia che film rappresenta la summa dei lavori di tale Romanek, qui regista e sceneggiatore, che finora non ci ha lasciato molto altro. Ciò mi pare strano, vista la qualità complessiva del film e dei riconoscimenti ricevuti. Tuttavia consiglio fortemente questo film per un motivo che esula dalle caratteristiche tecniche: si è infatti reso involontariamente un ultimo valido documento di quanto fosse diversa la fotografia solo che qualche lustro fa.

Lunghi articoli oggi sono dedicati alla cultura dell'usa e getta, anche in questo campo; ognuno con un buon smartphone in mano può sentirsi un fotografo professionista e siamo intasati da un flusso inarrestabile di foto (selfie, piatti, gattini e chi ne ha più ne metta). Ebbene, solo che 15 anni fa non ci si poteva permettere questo lusso: ogni rullino andava consumato con parsimonia e il rito dell'apertura del pacco con le foto me lo ricordo ancora adesso. In questo film viene appunto raccontata al meglio questa poesia, quest'arte che ormai si avvia verso l'estinzione. Infine, la tipologia di ossessione verso le persone e il precipitare drammatico della situazione lo fa assomigliare molto a Following, l'esordio di Nolan.


Consigliato a chi vuole concedersi una riflessione sulla contemporaneità; sconsigliato a chi cerca la versione ilare di Robin Williams.



Giudizio complessivo: 7,5

Buona visione e alla prossima,


Bikefriendly





Trailer




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