In un'epoca assurda come quella che stiamo vivendo, è normale che le case discografiche non abbiano più il coraggio di investire soldi in progetti di qualità che possono correre il rischio di non essere capiti.
Così, mentre le grandi major discografiche investono in sicuri lavori tutti uguali, internet, grazie alla condivisione delle idee e alle risorse aperte, si contrappone a questa bruttura.
Con un sistema di crowdfunding, ovvero di finanziamento collettivo, la rete da la possibilità di microfinanziare progetti di ogni genere, per fortuna anche artistici.
Proprio grazie a MusicRaiser, un sito che si occupa di questo tipo di microfinanziamento collettivo, Roberto Tiranti ha realizzato il suo primo lavoro solista.
Ecco.
Avevo stabilito che avrei fatto recensioni solo di artisti emergenti, quindi poco famosi.
Qui,... mi sento un po' fuori dal mio solito cammino.
Stiamo parlando di un artista che è emerso molto tempo fa.
Stiamo parlando di un artista che è emerso molto tempo fa.
Io al primo concerto in cui ho sentito Roberto ero appena maggiorenne. Era al vecchio BullDog di Serra Riccò.
I Labyrinth avevano un impianto talmente potente che faceva saltare la corrente del locale ogni momento.
I miei amichetti metallari mi dicevano: "Il mese prossimo vanno in tournè in Asia!" ed io pensavo che quelle stesse testate avrebbero potuto sostenere benissimo un Live in Japan.
Di strada ne ha fatta parecchia nel frattempo questo artista.
Di strada ne ha fatta parecchia nel frattempo questo artista.
Ovviamente non in Italia.
Pat Metheny, Jony Mitchell, Jaco Pastorius, Jimi Hendrix, Gino Vannelli, i Beatles, Mozart, Bach, Monteverdi,... Sono un'infinitesima parte di artisti che un buon musicista deve conoscere per avere una minima idea di cosa sia questa strana cosa chiamata Musica.
Peccato che per me non sia nemmeno lontanamente sufficiente.
Per fortuna l'ho capito presto.
Il Metal non è un genere semplice da digerire, soprattutto per noi italiani, abitanti della terra del belcanto, di Bellini, Rossini, Puccini, Pavarotti,...
La prima volta che ho messo nello stereo Images and Words dei Dream Theater (che a pensarci ora mi sembra il ballo del quà quà!) ho spento al minuto 3.
Non riuscivo a tenerlo nello stereo per più di tre minuti di fila, così per ascoltarlo tutto fino alla fine ci ho messo quattro mesi.
Ad un certo punto era diventata una sfida. Capivo Tombo in 7/4 di Michel Camilo come l'ABC, non potevo non capire i Dream Theater, anche perché tutti i miei amici li ascoltavano! Che figura ci facevo?
All'inizio non distinguevo la chitarra dalla batteria, il basso dalla tastiera,... poi,... ho capito.
Non era casino. Era solo un suono diverso da quello a cui ero abituata.
E così sono venuti i Rush, i Queensriche, i Kyuss, i Simphony X, i Death, gli Iron Maiden, i Metallica,...
Non sopporto quando un musicista che vive di questa professione, afferma che il Metal sia un genere inferiore, che sia solo casino.
E' diventato il genere di quelli che amano fare casino, perché i grandi non lo hanno mai consacrato.
Oppure, chi lo ha fatto, è stato costretto a scappare all'estero, come, fra tanti, i Labyrinth.
Ho visto di recente un'intervista in cui un giornalista chiedeva a Roberto se rinnegava il suo passato musicale, quasi come se il Metal fosse stato un errore di gioventù.
Fossi stata io al posto suo non sarei riuscita a mantenere il suo aplomb,... anzi, lo avrei mandato a quel paese forse anche in maniera poco educata.
Ma Roberto è un musicista educato, curioso e intelligente, perciò,... Stereo, divano, nessuno in casa, volume al massimo.
Il primo brano, "Non è più tempo", ha un tiro hard rock.
Mentre la musica scorre veloce attraverso un riff di chitarra e tastiera, suonata da nientemeno che Aldo de Scalzi, dal suono non troppo duro ma comunque graffiante, la batteria e le parole marcano in maniera decisa un concetto doloroso, ovvero che sostanzialmente sono finite le vacche grasse. Non c'è più tempo da perdere. Se si vuole vivere la propria vita, bisogna prendere la situazione in mano, armarsi di coraggio e vivere, cercando di gestire il desiderio di andare via da qui.
Non poteva essere un brano tranquillo ad esprimere questi concetti che purtroppo sono ben chiari, almeno alle persone della mia generazione.
Invece è più tranquillo il secondo brano.
"Non lo so" è un pezzo acustico. Riconosco subito il basso fretless suonato da un immenso bassista, Massimo Trigona, che si muove sulle percussioni dolci di Marco Fadda e le tastiere incantevoli di un altro immenso: Marco Canepa.
Muovendosi fra il suono bucolico, la voce dolce di Roberto parla di quanto sia meglio essere sinceri ed onesti intellettualmente, rispetto a chi vuole sempre far credere di sapere ogni cosa. Un concetto semplice che è ben chiaro alle persone curiose, motivate proprio da ciò che Socrate aveva capito già molto bene circa 2500 anni or sono: "So di non sapere".
Il terzo brano, non penso che sia casuale, si intitola "Conto fino a tre" di cui esiste anche il video.
E' un pezzo scritto molto tempo prima dell'uscita del disco di cui sto parlando.
Ha un suono molto aperto, di ampio respiro, che richiama un'idea di libertà e di spazi aperti. Infatti parla proprio di quella libertà che crediamo di avere nel nostro vissuto quotidiano e che in realtà non è altro che un'illusione che bisogna abbandonare per capire l'inganno che stiamo vivendo.
E poi arriva una poesia.
Matteo Mugnai Robles. Chi è? Non lo so. Non lo conoscevo prima del 17 Aprile quando ha aperto il concerto di Roberto della presentazione di questo cd al Teatro Govi.
Posso solo dire che questa è una poesia cantata dalla voce sognante di Roberto sulle note di un brano acustico suonato dolcemente di nuovo da Massimo Trigona, Marco Canepa e Marco Fadda.
Persa dalla genialità delle parole non mi ero nemmeno accorta che il tempo è asimmetrico. La strofa è scandita da un tempo in cinque, mentre il ritornello torna pari.
Bah, ma chissenefrega dei conti.
"Prendi il mio sangue, uccidimi se vuoi. Fammi esistere."
Un brano che muove dentro.
La traccia cinque invece è la cover di un brano di successo mondiale che si intitola Crazy, che io conoscevo nella versione strafamosa di Gnarls Barkley. In realtà non sapevo che a sua volta è un pezzo scritto in Italia dai fratelli Riverberi per un film western del 1968 "Preparati la bara!", attore protagonista Terence Hill.
La cover prende spunto da entrambe le versioni. L'arrangiamento è molto particolare e lascia molto spazio al gioco di voci fra Roberto Tiranti e Irene Fornaciari, altra grande voce che forse non ha mai ricevuto le giuste attenzioni dal pubblico perché porta un cognome davvero già tanto importante sulla scena musicale italiana.
E' difficile essere figli d'arte, soprattutto se si è artisti validi. A me è sempre piaciuta, fin dai primi anni in cui ha tentato il successo, ma,... la discografia e le sue paure non le hanno mai dato lo spazio che merita.
La traccia numero sei si intitola "Sinceramente".
Ha un tiro rock ma leggermente ammorbidito dal suono delle chitarre acustiche.
Parla di,... quella sensazione che mi fa odiare la musica.
Che rende indifeso e potente nello stesso modo.
"Non ho molto da offrire: un cuore e una voce per te"
Ascoltando questo brano capisco perché canto così raramente.
Il mio "Salve, ha la tessera?" è un limbo sicuro.
Tutti smielosi che amano la musica,... Ma cosa ci trovate? Io la detesto.
Invece Roberto, che la musica la ama nella sua totalità, ha composto un album che è un compendio delle sue esperienze musicali. Da musicista intelligente e curioso quale è ha spaziato dal Metal, alla classica, alla leggera, acustica,...
Infatti il brano che segue è totalmente vocale, perché Roberto, tra le tante cose, ha anche fatto parte di un gruppo vocale.
Sulle note di Libertango di Astor Piazzolla racconta in maniera ironica il disastro interiore della fine di una relazione. Lo trovo davvero un risultato divertente.
Ma all'improvviso cambia tutto e vengo travolta da un'atmosfera milleseicentesca nordeuropea.
Sembra un brano di Handel, solo vocale... non lo so,... magari lo è pure, ma non lo riconosco.
Invece è solo una breve introduzione a una stupenda ballata rock, di quelle proprio strappalacrime, tipo metal anni ottanta, ma con un leggero tocco soul che va ancora più nel profondo delle emozioni.
Si intitola "I remember". Parla di ricordi. Ho dimenticato i cleenex, mi alzo dal divano un secondo a prenderli,... scusate.
Ok,.. presi.
Ah, mi sono dimenticata di dirvi quali brani sono scritti in inglese e quali in italiano.
Sarà che io l'inglese lo capisco e non ci faccio caso.
Quando vado all'estero tutti ci rimangono di sasso perché lo so parlare.
E bravi italiani che disprezziamo il Metal e non parliamo l'inglese! Ripigliamoci, eh?
Dopo "I remember" un altro brano scritto in "straniero" che si intitola "Know how to wait"
Con questo pezzo Roberto si è proprio superato. Per me è il capolavoro del disco, nonché uno dei miei brani preferiti in assoluto. E vi assicuro che, anche se la odio, ne ho ascoltata parecchia di musica. E continuerò a farlo. Odiosa e seccante musica.
Il brano ha un tiro rock progressive, leggermente tendente al metal,... ma quello morbido che mi piace tanto.
Tra l'altro,... si conclude con un assolo geniale di chitarra,... ma,... andiamo a leggere nei credit: chi è che suona?
Oh God! Stef Burns, quello Stef Burns? :-O http://www.stefburns.com/
Dopo essermi ripresa dallo shock, faccio caso che il capolavoro da anche il titolo al disco. E, tra le altre cose, forse anche alla mia recensione, dato che la avevo promessa circa quattro mesi or sono! ...Sorry! "Salve, ha la tessera?" mi piace così tanto,...
Le ultime due tracce sono in italiano.
Alla fine è giusto così. Apparteniamo a questa terra, è inutile negarlo.
"Più di ieri" è morbido e acustico. Il pianoforte di Marco Canepa porta altrove. Altrove dove si vorrebbe essere quando la vita avvicina troppo due persone, e si inizia a realizzare che forse è il caso di allontanarsi. Ma prima c'è un momento in cui si sogna di essere in quel posto di cui parla il pianoforte di Marco. Un posto senza problemi, senza incomprensioni,...Un sogno di sorrisi e di cuori uniti...
Nooo, uffi,... già l'ultima traccia?!!??? Ma daiiii!!!
Si intitola "Percorso obbligato". Tiro hard rock.
Quando il testo è in italiano faccio fatica a parlare di metal, perché è una lingua che ammorbidisce parecchio. Il suono duro del pezzo e l'uso della nostra bella lingua armoniosa e piena di vocali crea un equilibrio strano che si sente di rado e che a me piace un sacco.
"Vivi come sai, come vuoi, come puoi, il tuo strano percorso obbligato".
Va bene Roby, mi metto in macchina e faccio il mio strano percorso obbligato, Brignole, Sopraelevata, Fiumara.
"Salve, ha la tessera?"
...Sono io che mi obbligo,... vero?
Hai composto un album stupendo, Roby! Complimenti!
Laura Ferrarini
Peccato che per me non sia nemmeno lontanamente sufficiente.
Per fortuna l'ho capito presto.
Il Metal non è un genere semplice da digerire, soprattutto per noi italiani, abitanti della terra del belcanto, di Bellini, Rossini, Puccini, Pavarotti,...
La prima volta che ho messo nello stereo Images and Words dei Dream Theater (che a pensarci ora mi sembra il ballo del quà quà!) ho spento al minuto 3.
Non riuscivo a tenerlo nello stereo per più di tre minuti di fila, così per ascoltarlo tutto fino alla fine ci ho messo quattro mesi.
Ad un certo punto era diventata una sfida. Capivo Tombo in 7/4 di Michel Camilo come l'ABC, non potevo non capire i Dream Theater, anche perché tutti i miei amici li ascoltavano! Che figura ci facevo?
All'inizio non distinguevo la chitarra dalla batteria, il basso dalla tastiera,... poi,... ho capito.
Non era casino. Era solo un suono diverso da quello a cui ero abituata.
E così sono venuti i Rush, i Queensriche, i Kyuss, i Simphony X, i Death, gli Iron Maiden, i Metallica,...
Non sopporto quando un musicista che vive di questa professione, afferma che il Metal sia un genere inferiore, che sia solo casino.
E' diventato il genere di quelli che amano fare casino, perché i grandi non lo hanno mai consacrato.
Oppure, chi lo ha fatto, è stato costretto a scappare all'estero, come, fra tanti, i Labyrinth.
Ho visto di recente un'intervista in cui un giornalista chiedeva a Roberto se rinnegava il suo passato musicale, quasi come se il Metal fosse stato un errore di gioventù.
Fossi stata io al posto suo non sarei riuscita a mantenere il suo aplomb,... anzi, lo avrei mandato a quel paese forse anche in maniera poco educata.
Ma Roberto è un musicista educato, curioso e intelligente, perciò,... Stereo, divano, nessuno in casa, volume al massimo.
Il primo brano, "Non è più tempo", ha un tiro hard rock.
Mentre la musica scorre veloce attraverso un riff di chitarra e tastiera, suonata da nientemeno che Aldo de Scalzi, dal suono non troppo duro ma comunque graffiante, la batteria e le parole marcano in maniera decisa un concetto doloroso, ovvero che sostanzialmente sono finite le vacche grasse. Non c'è più tempo da perdere. Se si vuole vivere la propria vita, bisogna prendere la situazione in mano, armarsi di coraggio e vivere, cercando di gestire il desiderio di andare via da qui.
Non poteva essere un brano tranquillo ad esprimere questi concetti che purtroppo sono ben chiari, almeno alle persone della mia generazione.
Invece è più tranquillo il secondo brano.
"Non lo so" è un pezzo acustico. Riconosco subito il basso fretless suonato da un immenso bassista, Massimo Trigona, che si muove sulle percussioni dolci di Marco Fadda e le tastiere incantevoli di un altro immenso: Marco Canepa.
Muovendosi fra il suono bucolico, la voce dolce di Roberto parla di quanto sia meglio essere sinceri ed onesti intellettualmente, rispetto a chi vuole sempre far credere di sapere ogni cosa. Un concetto semplice che è ben chiaro alle persone curiose, motivate proprio da ciò che Socrate aveva capito già molto bene circa 2500 anni or sono: "So di non sapere".
Il terzo brano, non penso che sia casuale, si intitola "Conto fino a tre" di cui esiste anche il video.
E' un pezzo scritto molto tempo prima dell'uscita del disco di cui sto parlando.
Ha un suono molto aperto, di ampio respiro, che richiama un'idea di libertà e di spazi aperti. Infatti parla proprio di quella libertà che crediamo di avere nel nostro vissuto quotidiano e che in realtà non è altro che un'illusione che bisogna abbandonare per capire l'inganno che stiamo vivendo.
E poi arriva una poesia.
Matteo Mugnai Robles. Chi è? Non lo so. Non lo conoscevo prima del 17 Aprile quando ha aperto il concerto di Roberto della presentazione di questo cd al Teatro Govi.
Posso solo dire che questa è una poesia cantata dalla voce sognante di Roberto sulle note di un brano acustico suonato dolcemente di nuovo da Massimo Trigona, Marco Canepa e Marco Fadda.
Persa dalla genialità delle parole non mi ero nemmeno accorta che il tempo è asimmetrico. La strofa è scandita da un tempo in cinque, mentre il ritornello torna pari.
Bah, ma chissenefrega dei conti.
"Prendi il mio sangue, uccidimi se vuoi. Fammi esistere."
Un brano che muove dentro.
La traccia cinque invece è la cover di un brano di successo mondiale che si intitola Crazy, che io conoscevo nella versione strafamosa di Gnarls Barkley. In realtà non sapevo che a sua volta è un pezzo scritto in Italia dai fratelli Riverberi per un film western del 1968 "Preparati la bara!", attore protagonista Terence Hill.
La cover prende spunto da entrambe le versioni. L'arrangiamento è molto particolare e lascia molto spazio al gioco di voci fra Roberto Tiranti e Irene Fornaciari, altra grande voce che forse non ha mai ricevuto le giuste attenzioni dal pubblico perché porta un cognome davvero già tanto importante sulla scena musicale italiana.
E' difficile essere figli d'arte, soprattutto se si è artisti validi. A me è sempre piaciuta, fin dai primi anni in cui ha tentato il successo, ma,... la discografia e le sue paure non le hanno mai dato lo spazio che merita.
La traccia numero sei si intitola "Sinceramente".
Ha un tiro rock ma leggermente ammorbidito dal suono delle chitarre acustiche.
Parla di,... quella sensazione che mi fa odiare la musica.
Che rende indifeso e potente nello stesso modo.
"Non ho molto da offrire: un cuore e una voce per te"
Ascoltando questo brano capisco perché canto così raramente.
Il mio "Salve, ha la tessera?" è un limbo sicuro.
Tutti smielosi che amano la musica,... Ma cosa ci trovate? Io la detesto.
Invece Roberto, che la musica la ama nella sua totalità, ha composto un album che è un compendio delle sue esperienze musicali. Da musicista intelligente e curioso quale è ha spaziato dal Metal, alla classica, alla leggera, acustica,...
Infatti il brano che segue è totalmente vocale, perché Roberto, tra le tante cose, ha anche fatto parte di un gruppo vocale.
Sulle note di Libertango di Astor Piazzolla racconta in maniera ironica il disastro interiore della fine di una relazione. Lo trovo davvero un risultato divertente.
Ma all'improvviso cambia tutto e vengo travolta da un'atmosfera milleseicentesca nordeuropea.
Sembra un brano di Handel, solo vocale... non lo so,... magari lo è pure, ma non lo riconosco.
Invece è solo una breve introduzione a una stupenda ballata rock, di quelle proprio strappalacrime, tipo metal anni ottanta, ma con un leggero tocco soul che va ancora più nel profondo delle emozioni.
Si intitola "I remember". Parla di ricordi. Ho dimenticato i cleenex, mi alzo dal divano un secondo a prenderli,... scusate.
Ok,.. presi.
Ah, mi sono dimenticata di dirvi quali brani sono scritti in inglese e quali in italiano.
Sarà che io l'inglese lo capisco e non ci faccio caso.
Quando vado all'estero tutti ci rimangono di sasso perché lo so parlare.
E bravi italiani che disprezziamo il Metal e non parliamo l'inglese! Ripigliamoci, eh?
Dopo "I remember" un altro brano scritto in "straniero" che si intitola "Know how to wait"
Con questo pezzo Roberto si è proprio superato. Per me è il capolavoro del disco, nonché uno dei miei brani preferiti in assoluto. E vi assicuro che, anche se la odio, ne ho ascoltata parecchia di musica. E continuerò a farlo. Odiosa e seccante musica.
Il brano ha un tiro rock progressive, leggermente tendente al metal,... ma quello morbido che mi piace tanto.
Tra l'altro,... si conclude con un assolo geniale di chitarra,... ma,... andiamo a leggere nei credit: chi è che suona?
Oh God! Stef Burns, quello Stef Burns? :-O http://www.stefburns.com/
Dopo essermi ripresa dallo shock, faccio caso che il capolavoro da anche il titolo al disco. E, tra le altre cose, forse anche alla mia recensione, dato che la avevo promessa circa quattro mesi or sono! ...Sorry! "Salve, ha la tessera?" mi piace così tanto,...
Le ultime due tracce sono in italiano.
Alla fine è giusto così. Apparteniamo a questa terra, è inutile negarlo.
Nooo, uffi,... già l'ultima traccia?!!??? Ma daiiii!!!
Si intitola "Percorso obbligato". Tiro hard rock.
Quando il testo è in italiano faccio fatica a parlare di metal, perché è una lingua che ammorbidisce parecchio. Il suono duro del pezzo e l'uso della nostra bella lingua armoniosa e piena di vocali crea un equilibrio strano che si sente di rado e che a me piace un sacco.
"Vivi come sai, come vuoi, come puoi, il tuo strano percorso obbligato".
Va bene Roby, mi metto in macchina e faccio il mio strano percorso obbligato, Brignole, Sopraelevata, Fiumara.
"Salve, ha la tessera?"
...Sono io che mi obbligo,... vero?
Hai composto un album stupendo, Roby! Complimenti!
Laura Ferrarini