di Timur Vermes
L'idea: Hitler (quello vero) si risveglia, non si sa perché, nella Berlino dei giorni nostri.
Capito il nuovo contesto, si dà subito da fare per riprendere il controllo della Nazione e portare avanti le sue idee di potere, di supremazia della Germania e della razza ariana, e lo fa attraverso la televisione: viene infatti scambiato per un comico, un caratterista che ironizza sull'incubo del nazismo e mandato in onda per quelle che sembrano grandi doti di attore. Egli, dal canto suo, vive invece il mezzo televisivo come il giusto strumento attraverso cui comunicare di nuovo con il popolo.
Questo è il malinteso su cui si struttura tutto il romanzo, che ha un altissimo potenziale e che a tratti è davvero ironico, ma che ha il limite di dilungarsi troppo nell'ambientazione di Hitler in tv e nelle storie di contorno, che a tratti perdendo in naturalezza.
Nonostante ciò offre un'analisi lucida del mezzo televisivo e della stampa, del modo in cui la massa contemporanea viene da questi influenzata, e si chiude con un approfondimento finale in cui le battute e i riferimenti pronunciati da Hitler nel corso del romanzo vengono contestualizzati da un punto di vista storico e politico, chiusura davvero interessante che tuttavia non fa dimenticare le lungaggini in cui si è perso il romanzo vero e proprio.
Simona Olivieri
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