Regia: Lars von Trier
I blocchi narrativi sono due, uno incentrato su Jasmine e l'altro su Claire, due sorelle che condividono assieme un dramma tutto psicologico, l'uno successivo all'altro:
la prima, nel giorno nel ricevimento post-matrimonio, entra in una condizione di depressione cosmica ed diventa apatica e incapace di esprimere felicità; la seconda, entra invece in paranoia e in crisi quando si scopre che un pianeta sbuca da dietro il sole ed è in avvicinamento alla Terra, apparentemente senza il rischio di collisione.
Recensione critica
Premessa: è il secondo film di von Trier che vedo, mi sarei volentieri fermato al primo, Il Grande Capo, ma con un sotterfugio mi hanno costretto a visionare anche quest'ulteriore tortura.
E qui è d'obbligo una digressione sul regista: per chi non lo conoscesse, è danese (già rivela molto), è un conclamato depresso e ipocondriaco, oltretutto pieno di fobie e fisse particolari. Non lo specificherei se non influisse pesantemente nelle sue pellicole. Soprattutto però è stato ideatore e sostenitore della corrente artistico-registica Dogma 95, nata nel 1995 e morta nel 2005, tappe addirittura sancite da manifesti, documenti ecc ecc.
Tale movimento invoca una nuova 'castità' per il cinema, propugnando uno stile minimalista e senza ritocco alcuno, neanche musicale. Seppur ufficialmente defunta, questa corrente è stata interpretata in maniere del tutto personali da parte di ogni regista aderente ed la sua traccia rimane evidente nei lavori del nostro Trier.
Ora la nota dolentissima, Melancholia, che è la parola inglese che descrive un grave stato di malinconia, ovvero tristezza perenne. Direi quindi che come titolo è azzeccatissimo non per descrivere il contenuto del film, ma per dare l'idea di come sia realizzato male. L'influenza di Dogma 95 si sente tutta, basti pensare all'accompagnamento musicale che, quando compare, si ripete ogni volta, oppure alla telecamera che è molto fastidiosamente traballante (ok voler dare l'idea di immersione nelle scene, tuttavia si può anche evitare di esaltare la faccenda, manco il cameramen fosse affetto da tremolii perenni).
Due gli aspetti che più di ogni altro però mi hanno maggiormente frustrato: la pretenziosità e l'assenza di una spiegazione e una morale da trasmettere allo spettatore. Pretenzioso perché tenta nella seconda parte di avere una credibilità scientifica, peccato che prenda qualche elemento fisicamente realistico e lo piazzi in un minestrone inverosimile e irragionevole insieme.
Come poi non restare calmi davanti all'autocitazione: i primi 5 minuti sono scene in ultra-slowmotion che avrebbero lo scopo di dare un assaggio, una specie di antipasto. Forse è l'unica parte meritevole davvero, ma rimane comunque da parte mia insopportabile la sua leziosità. Quindi mi tocca dirvi quanto non sia riuscito a cogliere l'essenza di Melancholia, il suo significato.
Non per mio limite, è che semplicemente il regista non fornisce un senso al tutto. E l'opzione andare sui forum o cercare interviste allo stesso a casa mia non è contemplata: un'esperienza cinematografica deve essere autoconclusiva e non richiedere la consultazione di altro materiale per la comprensione (i migliori da parte mia riescono, pur essendo auto-conclusivi, a lasciarti riflettere a giorni e settimane di distanza e soprattutto a renderti curioso).
Mi viene dunque il sospetto che lo scopo del film sia come da titolo quello di far cagare, perchè altra spiegazione non riesco a darmela. Apprezzabili solamente le prove di recitazione (povero John Hurt, coinvolto anche lui in questa melma). Rispetto a questo, Another Earth è un capolavoro assoluto della storia cinematografica.
Sconsigliato pure agli amanti di Kirsten Dunst dotati di buona pazienza; sconsigliatissimo a tutti gli altri.
Giudizio complessivo: 4.5
Buona visione (si fa per dire) e alla prossima,